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giovedì 1 febbraio 2018

FEBBRAIO

ricordavo di aver dedicato un post a questo mese che mi piace un sacco... e sono andata a ricercarlo... era il 15 febbraio del 2015... l'ho copiato, l'ho "rincicciato" e lo ripubblico... perché davvero febbraio è un mese che adoro. l'allungamento delle giornate è sempre più percettibile, ogni giorno un po' di più. è un mese corto, e quindi corre veloce attraverso il carnevale e quando finisce è praticamente primavera. qualcuno si aspetterà che dica anche che è il mese degli innamorati invece non lo dico. intanto perché  sono anticonformista, sono anticonvenzionale... sono anti. e soprattutto non sopporto le feste comandate, specialmente quando non hanno senso, specialmente quando sono trovate commerciali, specialmente quando decidono per te come e quando dovresti ricordare qualcosa o qualcuno... e poi perché per me o si ama tutti i giorni o non si ama mai ed il massimo che faccio per san valentino, da sempre, è ricordare le persone che amo in senso universale. i pochi ma veri amici, la famiglia, mio figlio. mi piace tanto febbraio che lo scelsi pure come mese per sposarmi. e non certo, appunto, perché è il mese degli innamorati, come qualcuno mi disse una volta saputa la data (18 febbraio)... in realtà fu  un caso. e tra l'altro per come sono andate le cose non ha nemmeno portato grande fortuna. ma io alla fortuna non credo e quindi sarebbe successo tutto quello che è successo a prescindere dalla data scelta... semplicemente volevamo andare in viaggio di nozze alle Maldive e quello era il periodo giusto, inoltre il mio ex marito lavorava su uno yacht e da marzo ad ottobre compreso era impegnatissimo col lavoro e non avrebbe potuto prendere la licenza matrimoniale né le ferie. la scelta era tra i mesi da novembre a marzo... lui fece scegliere a me e febbraio mi sembrò  la scelta migliore. ça va sans dire... poi in febbraio, esattamente il 27 febbraio del 1999, sempre per caso perché in anticipo sulla tabella di marcia che prevedeva la nascita quasi un mese dopo, è poi anche nato mio figlio. facendo così crescere la mia passione per questo mese. perché da quel giorno,  ogni anno in febbraio ho un motivo in più per festeggiare. febbraio mi piace tanto anche perché lo considero  il ponte verso l'estate. mi sa di giro di boa. ogni giorno diminuisce la distanza che mi separa dalla mia stagione preferita mentre aumentano i minuti di luce... la mattina quando mi alzo, alla solita ora, è ogni giorno più chiaro... e la sera il sole tarda un po'  a tramontare... ogni giorno di più.
dopo febbraio mi sembra tutto in discesa. anche se è solo una sensazione. a febbraio sopporto meglio tutto. anche le giornate grigie, fredde, umide, ventose... uggiose. come quella di oggi. perché poi guardo il calendario e vedo quei 28 giorni che mi sorridono come le maschere che lo rappresentano.e allora sorrido anche io. in attesa di inforcare la bici nella  prima giornata di sole e pedalare incontro alla primavera. tra coriandoli e stelle filanti.in attesa dell'estate, del sole che brucia sulla pelle e del salmastro che appiccica i capelli. 




domenica 26 marzo 2017

RICORDI IN MUSICA

qualche anno fa ho gestito per un anno e mezzo un circolo nell'entroterra versiliese  insieme al mio allora compagno. un circolo dove si poteva mangiare cose tipicamente toscane cucinate da me e cose esotiche cucinate da lui oltre ai classici taglieri di affettati e formaggi... dove si poteva bere del vino di ottima qualità che compravamo in una cantina del chianti e servivamo sfuso in quartini e mezzini da osteria, ma anche bottiglie più "blasonate" che sceglievo con cura per avventori più esigenti che coccolavo volentieri avendo anche io la passione per il buon bere... dove si trovava una piccola ma interessante selezione di rum e di wiskey... ma soprattutto al sabato si trovava sempre musica live che spaziava dal jazz al blues passando dal country e dal rock...
per mille motivi abbiamo dovuto abbandonare la gestione, ma con tutti i musicisti siamo rimasti in contatto ed è continuata la frequentazione. la mia storia d'amore è finita, ma nel frattempo con alcuni dei musicisti  è nata una vera  amicizia che si è consolidata nel tempo. alcuni hanno conosciuto tramite me amici miei che gestiscono locali ed hanno così acquisito nuove "piazze"... uno di loro ci ha persino trovato moglie, in una  nuova piazza... e tutti quando mi incontrano mi chiedono di riaprire qualcosa perchè io ero riuscita a creare un ambiente carino, piacevole, dove la musica era in primo piano... ma anche tutto il resto era curato...
ieri sera due di loro, un bassista ed un chitarrista, suonavano a Forte dei Marmi insieme ad un batterista che non conoscevo. le formazioni sono mobili... uno che suona con quello che poi suona con l'altro... il bello è anche questo... non li avevo mai sentiti suonare insieme... il chitarrista aveva spesso suonato da me ma come "one man band"...mentre il bassista era ormai di casa in serate quasi sempre con un altro chitarrista, qualche volta in jam improvvisate, qualche volta solo come avventore, abitando vicino al circolo ed essendo un appassionato della nostra semplice ma saporita cucina era ormai di famiglia, avendo fatto amicizia anche con mio padre e mio fratello che ogni tanto venivano a darmi una mano quando c'erano serate "affollate"...
sono uscita di casa stanca, reduce da un periodo che mi ha fiaccato fisicamente e psicologicamente ma avevo troppa voglia di salutarli e di sentire un po' di bella musica blues suonata dal vivo e bene.
il tempo era terribile... dopo la bellissima giornata di sole si era alzato un vento di libeccio fortissimo e pioveva e prima di uscire il divano mi strizzava l'occhio... ma dopo una bella doccia ho fatto quello che ultimamente faccio spesso: ho indossato abiti colorati, rosetto e un sorriso... e sono uscita...
uscendo ho ricevuto la telefonata di un amico. non aveva avuto una bella giornata. gli ho detto che per andare dove dovevo andare (sembro Totò) sarei passata da dove era lui per lavoro e quindi potevo passare a salutarlo. a volte un abbraccio in silenzio fa più di mille parole. e così ho fatto. ed è stato un bel momento. impossibile da raccontare. certi momenti vanno solo vissuti...
poi ho guidato verso il Forte. non ho acceso la radio... il silenzio, la pioggia sottile, il tergicristallo, i miei pensieri... mi è venuto in mente quando quella strada, almeno per un tratto, la facevo per andare a casa del diavolo (come chiamavo io Seravezza, con tutto il rispetto per Seravezza, ma per come vivevo io quel periodo lavorativo...) o di quando, proseguendo verso il Forte, la facevo per andare "nel salotto buono del diavolo" come chiamavo io il Liceo di Forte dei Marmi, scuola dalla quale dipendeva il professionale presso il quale lavoravo io, dove c'era... un diavolo... appunto...
pensieri che si accavallano,  si sovrappongono, si mescolano... arrivo nella strada dove c'è il pub... e dove c'è il liceo... che strano... mi sembrava più lontano quando ci venivo per lavoro... ironia della sorte... il locale è a pochi metri dalla scuola... davanti  non c'è posto... proseguo.. e parcheggio proprio di fronte al cancello della scuola... mi vengono le lacrime agli occhi... non certo per emozioni positive, nè per nostalgia... e nemmeno per rabbia, ormai superata... ma per commozione... mentre parcheggio e chiudo la macchina ripenso a qullo che ho subito, a come ho lottato... a chi mi ha sostenuto e a chi mi ha voltato le spalle.... guardo il cancello e ripenso a quella mattina dove appoggiato al cancello c'era quello striscione.... "solidarietà a tiziana"... perchè avevo subito un provvedimento disciplinare non giusto, solo perchè avevo rivendicato i miei diritti.... ed alcuni colleghi mi appoggiavano... provvedimento che tutti mi consigliavano di accettare "muta e rassegnata" perchè impossibile lottare contro chi me lo aveva fatto.... ma che io, don chisciotte de' noaltri, a costo di lottare contro i mulini a vento, certa della mia ragione, non intendevo assolutamente accettare... mi incammino verso il locale, a pochi metri... e sorrido... (per inciso feci  ricorso avverso il provvedimento e il tribunale del lavoro mi ha dato ragione ed il provvedimento di cinque giorni di sospensione dal servizio con conseguente sospensione ai fini della carriera è stato annullato ed i cinque giorni di stipendio restituiti, anche se ancora materialmente no).
arrivo al locale, sorrisi, abbracci, battute, cazzate, brindisi, ricordi.... e la solita domanda.... "ma quando riapri qualcosa? te si che ci sapevi fare!"... è una soddisfazione... capisco di aver lasciato una traccia. una traccia positiva. e non può che farmi piacere... poi inizia il live.
mi lascio portare dalla musica, dai ricordi... continuo a pensare che mi piacerebbe avere ancora un locale così. piccolo, dove chi vuole può sicuramente bere bene, mangiare qualcosa ed ascoltare buona musica.
ascolto musica mentre messaggio con il mio amico incontrato poco prima. lui bloccato dal lavoro non è potuto venire con me. me ne dispiace. lui continua a raccontarmi cosa lo preoccupa in questo periodo particolare della sua vita. io cerco di tranquillizzarlo. so di non poter fare molto solo con le parole scritte ma ci provo... e credo di riuscirci.
arriva una amica, anche lei frequentatrice del mio locale, golosa dei miei "salsicce e rapini", amica del bassista e adesso anche sua allieva. è con il suo compagno, sommelier come me. al solito parliamo di musica e di vino. al solito lei mi dice che il "borgo rosso" (questo il nome del mio circolo) manca... e che devo assolutamente riaprire qualcosa... sorrido. si, decisamente il mio locale ha lasciato un segno.
poi la musica finisce, saluti, baci, promesse di vedersi presto, resto a parlare un po' con il bassista amico, con il batterista appena conosciuto e la sua fidanzata, mentre il chitarrista compila il borderò per la SIAE... non sono in forma... i dolori dovuti alla fibromialgia si fanno sentire, la debolezza per il recente virus herpes zoster (volgarmente detto fuoco di sant'antonio) che mi ha colpito la scorsa settimana e l'antivirale che ho dovuto prendere per combatterlo mi fanno sentire uno straccio.... saluto e me ne torno a casa. di nuovo decido di non accendere la radio... sono comunque cullata dalla musica ascoltata nella serata che ho ancora nelle orecchie e da quella che da qualche giorno ho nel cuore e nella mente. perchè malgrado sia un periodo a tratti di pioggia debole ma anche di temporali forti... è spuntato un raggio di sole e quindi vedo l'arcobaleno. per questo mi vesto di nuovi colori. e sorrido.






sabato 25 febbraio 2017

PENSIERI A SPASSO, RICORDI LONTANI, EMOZIONI VICINE...


qualche giorno fa una classe della scuola dove lavoro stava preparando un progetto da presentare ad una scuola media in aula magna e serviva la mia "assistenza tecnica". tra le cose che dovevano mostrare c'era una versione particolare di Africa dei Toto ed io mi sono emozionata perchè per uno strano gioco di associazioni che a volte la mente fa mi è venuto in mente Wolfgang, il mio amico tedesco che per un paio d'anni (quasi trent'anni fa) è stato mio fidanzato. lì per lì non capivo il nesso tra la canzone e  lui, poi ho ricordato che in una delle tante cassette che mi aveva registrato con musica che spaziava tra i vari generi, che lui con molto gusto mescolava rendendole molto piacevoli all'ascolto e mai noiose e monotematiche, c'era proprio anche quella canzone. e mi sono emozionata perchè sono tornata indietro di secoli, al tempo del nostro lontano amore. ma anche della nostra robusta amicizia, che si è mantenuta malgrado la distanza, malgrado la vita che scorre, gli anni che passano, gli eventi che accadono... e siamo sempre rimasti in contatto  e ci siamo anche rivisti qualche volta oltre che sentiti spesso per telefono. ho conosciuto anche un paio di sue successive fidanzate e una volta lui ha ospitato per un paio di giorni me e il mio allora fidanzato di passaggio per la Germania mentre andavamo in vacanza in Olanda. insomma ci volevamo un gran bene. parlo al passato perchè purtroppo da qualche anno non riesco più a rintracciarlo e poichè l'ultima volta che l'ho sentito, tre anni fa, aveva problemi di salute... e temo che se ne sia andato. e da qui la mia grande emozione che mi ha portato alle lacrime.
ieri era il giorno dell'evento. previsto per le 9.30. un'oretta prima abbiamo provato il tutto. cercando  di non farmi prendere dall'emozione di nuovo quando ho fatto partire il filmato, ho guardato fuori dalla finestra... ma non è stata una buona idea... perchè stava piovendo. non pioggia forte, non pioggerellina primaverile. ma la pioggia fitta noiosa e insistente tipica tedesca. e il tetto della scuola accanto alla nostra bagnato dalla pioggia, i tigli del cortile ancora senza foglie, il cielo grigio... insomma per un attimo mi è sembrato di essere in germania. gli occhi si sono inumiditi. di nuovo l'emozione si è stretta in un nodo in gola... ho respirato profondamente. non volevo piangere. e non solo per pudore, per non farmi di nuovo cogliere con le lacrime agli occhi dalla prof e da alcuni studenti.... ma perchè penso che Wolfi, così lo chiamavano gli amici, non avrebbe voluto. allora  ho sorriso. e poi mi sono alzata e con la scusa di andare a sentire se l'audio in fondo all'aula magna era OK mi sono distratta...
quando poi c'è stato l'evento tutto è andato bene e della canzone, peraltro in una versione molto particolare eseguita a cappella da una corale https://www.youtube.com/watch?v=-c9-poC5HGw, con la simulazione dell rumore della pioggia (quindi anche la giornata era adatta) fatto con le mani ed eseguito anche dai nostri studenti, mi sono solo goduta l'esecuzione e la giusta emozione senza tristezza. perchè voglio continuare a sperare che il mio Wolfi stia bene. che abbia solo cambiato numero di telefono. e magari anche città. e che abbia perso il mio numero per cui non riesce a comunicare il cambio di indirizzo come ha sempre fatto ogni volta che è successo...spero di riuscire prima o poi a rintracciarlo e a ridere con lui di questi miei pensieri strampalati. di fare un viaggio in germania con mio figlio che ancora non ha conosciuto. far vedere a mio figlio dove ho abitato per un periodo e presentargli una gran bella persona.

venerdì 27 gennaio 2017

MIA NONNA... PER RICORDARE, PER NON DIMENTICARE...

E' un vecchio post, che pubblicai su un vecchio blog e lo copiai anche qui quando ancora qui scrivevo poco... lo voglio riproporre oggi... per non dimenticare gli orrori dei nazisti (e mia nonna fu fortunata, in confronto a certe tragedie...)

Mia nonna non sopportava i tedeschi. Non sopportava sentirli parlare. Non sopportava i film di guerra dove si sentiva qualche parola tedesca parlata dai soldati. Lei aveva vissuto la guerra. Lei sapeva cosa era la guerra. Era una bambina durante la prima guerra mondiale, era una giovane donna con due bambini piccoli durante la seconda. Aveva conosciuto i soldati tedeschi e la paura. Una volta un gruppo di soldati l'aveva minacciata, e le aveva portato via per qualche ora mio zio. Il suo bambino più grande. Così, per farle uno scherzo. Perchè facevano anche questo. Un diversivo come un altro. Per loro. Non per mia nonna che temette il peggio. L'avevano minacciata di portare il bambino in un campo di concentramento se non avesse dato loro qualcosa da mangiare. E ridendo avevano preso il bimbo. Anche loro avevano fame, forse. Lassù per i boschi di castagni della montagna pistoiese. Mia nonna aveva portato loro qualche patata e un po' di farina di castagne. Cose preziose in quei momenti. Ma dette a loro tutto quello che poteva. Pur sapendo che così lei e i suoi figli sarebbero rimasti giorni senza mangiare. Magari i soldati non ne avevano davvero bisogno. O forse si. Magari loro stavano solo "giocando". Mia nonna no. E ancora dopo anni sentiva il suono di quelle parole in un italiano storpiato con spiccato accento tedesco... e quando raccontava ne imitava il suono. Mia nonna non fu felice quando mi fidanzai con un ragazzo tedesco. Ma era una donna intelligente e capiva che come noi italiani non siamo tutti mafiosi, i tedeschi non di oggi non hanno le  colpe dei loro avi e non sono tutti cattivi... e forse nemmeno quelli di allora erano tutti cattivi. Molti soldati erano poveri giovani costretti a fare cose che non avrebbero voluto fare. Mia nonna però raccontò l'episodio anche a Wolfgang, a voce alta. Come se il tono alto della voce potesse quello che la non conoscenza della lingua non poteva. Wolfgang non capiva l'italiano, se non qualche parola. Mia nonna non parlava il tedesco. E nemmeno avrebbe voluto impararlo. A mia nonna non piacevano i tedeschi. E continuavano a non piacerle. Anche se disse a Wolfgang di chiamarla nonna. A mia nonna, anticlericale, piaceva Papa Wojtyla. A mia nonna, sono sicura, non sarebbe piaciuto Papa Ratzinger. E non solo perchè era tedesco. Non so cosa mi ha ispirato a scrivere queste cose... forse il fatto che in questi giorni mia nonna avrebbe compiuto 100 anni)... forse perchè oggi è il giorno della memoria e basterebbe guardare gli occhi umidi di chi ha vissuto certe atrocità per non dimenticare... forse perchè papa Ratzinger non piace nemmeno a me e quando fa e dice certe cazzate piace ancora meno...

appendice:
mia nonna avrebbe avuto 100 anni quando scrissi e poi pubblicai per la prima volta il post... oggi ne avrebbe 108! e papa Ratzinger è emerito ma continua a non piacermi. sono atea ma papa Francesco mi piace un po' di più e forse piacerebbe anche a mia nonna.

domenica 18 dicembre 2016

un amico

uno dei miei più grandi amici abita all'estero da qualche anno. sono più di venti anni che ci conosciamo e che ci vogliamo bene. manteniamo i contatti per telefono e messaggi e ogni tanto viene in Italia e ci vediamo. qualche giorno fa ha pubblicato su facebook una foto che lo ritraeva bello e felice e mi è venuto in mente che una decina di anni fa scrissi su un blog un racconto sulla nostra amicizia. è ancora attuale e quindi lo condivido su questo blog.

La prima volta che l'ho visto era estate, ad una festa in piazza, perchè il fidanzato di una mia amica era amico suo, e si fermò a salutarlo, mentre la mia amica mi diceva chi era. Perchè ne avevo sentito parlare tante volte come di una persona speciale ed affascinante, e quindi mi aveva sempre incusiosito.
Effettivamente lo trovai affascinante, almeno fisicamente, perchè come persona non lo potevo sapere. Nessuno ci presentò, eravamo nella confusione della festa e tra me e lui c'era qualche metro di distanza e parecchie persone. Questo non impedì ai nostri sguardi di incontrarsi, per un istante che durò pochi secondi, ma che dopo più di dieci  anni ricordo ancora.
Niente di che, anche perchè io ero in compagnia del mio allora fidanzato, lui era in compagnia della sua allora fidanzata, e comunque nessuno dei due provò particolare interesse, ma entrambi  avevamo riconosciuto qualcosa di nostro nell'altro. Anche se probabilmente dopo pochi minuti nessuno dei due avrebbe più pensato a quell'incontro...

Passò quasi un anno. Era una calda domenica di inizio estate. Sulla spiaggia vedo il fidanzato della mia amica che nel frattempo avevo un po' perso di vista, mi avvicino per salutarlo, per avere  notizie della mia amica, per chiedergli che ci fa su quella spiaggia che loro di solito non frequentano.
Mi dice che è venuto a trovare un amico, e mi indica lui, che lo sta raggiungendo. Questa volta me lo presenta, ci sono le condizioni per farlo. Io lo riconosco, lui no, ma non importa. Mi invitano a seguirli al ristorante, ma io rifiuto ringraziando. Per me la vita da spiaggia è mare, sole e frutta, preferisco cenare che pranzare, in generale, d'estate a maggior ragione, con il caldo che fa!
Saluto, auguro buon appetito, mi sistemo sulla battima, mi bagno e mi asciugo al sole e mi bagno di nuovo, godendo di quella assolata giornata di Giugno.
Dopo un paio d'ore i due amici tornano, e mi raggiungono mettendosi a conversare. Poi S. se ne va, fa troppo caldo, e poi la fidanzata, la mia amica,  lo aspetta per non so quale impegno, ci saluta e noi restiamo a parlare senza renderci conto del tempo che passa veloce.
Se ripenso a quel pomeriggio lo vedo come una scena di un film, quando il regista per far vedere lo scorrere del tempo inquadra i protagonisti nella stessa posizione, con lo stesso sfondo ma  con le luci cambiate. Ecco, noi eravamo li, sulla battima, alle tre del pomeriggio come alle cinque, alle sei, alle sette...cambiava l'altezza del sole nel cielo, e di conseguenza la luce ed i colori intorno a noi, e si allungavano le ombre sulla spiaggia, e diminuivano le persone e quindi le voci, ed i chiacchericci ed il vociare dei bambini lasciava il posto allo sciabordìo della risacca mentre i gabbiani iniziavano ad arrivare alla ricerca di qualche rifiuto commestibile lasciato dai bagnanti, ed i bagnini iniziavano a chiudere gli ombrelloni ed a rassettare la spiaggia. Uno di loro ci conosceva bene (perchè anche se non c'eravamo mai incontrati scoprimmo di frequentare la stessa spiaggia da un po') e passando continuava a chiederci cosa mai c'eravamo raccontati in tutto il pomeriggio, e quante cose avevamo mai ancora da dire, visto che non davamo cenni di cedimento... arrivarono le otto.
P. disse che a quel punto doveva comprarsi qualcosa di pronto per cena , perchè la sua quasi ex-ragazza, che ancora viveva con lui in attesa di trovarsi una nuova sistemazione, non era a casa, sarebbe rientrata in serata, dopo cena, e lui avrebbe dovuto comprare qualcosa da  cucinarsi e fare la spesa anche per l'indomani, ma ormai era tardi.
Io abitavo da sola, e buttai lì un invito molto informale, dissi che se voleva potevo offrirgli un piatto di spaghetti o un insalata. Lui accettò ma pose una condizione: doveva cucinare lui. Mi chiese se avevo gli ingredienti per fare la pasta di S.Lorenzo, una ricetta che aveva trovato su una confezione di pasta, che aveva provato e gli era piaciuta. Provò ad elencare gli ingredienti, avevo tutto.
Affare fatto, lui a casa sua per una doccia, io a casa mia per la doccia e per preparare gli ingredienti. Che gli feci trovare allineati sul piano di lavoro del mio angolo cottura da single!
Era un piatto molto estivo. Gli ingredienti tutti a crudo sul quale butti la pasta cotta che quindi diventa subito tiepida, condisci con un filo d'olio e via.
Ovviamente continuammo a conversare, come due vecchi amici, anche molto complici. Continuavamo a riconoscerci come c'eravamo riconosciuti in quello sguardo un anno prima...
Finimmo di parlare alle 5 della mattina! Solo perchè decidemmo di farlo, perchè in realtà avremmo potuto continuare! Infatti non avevamo affatto esaurito la voglia di raccontarsi, di confrontarsi, di spaziare dai discorsi futili ai grandi temi, dai discorsi seri agli scherzi. Lui se ne andò, io andai a letto. Dopo poche ore eravamo sulla stessa spiaggia, quasi nella stessa posizione del giorno prima, ed il nostro amico bagnino scherzava chiedendoci se per caso avevamo passato la notte lì.
Dopo qualche giorno il nostro chiaccherare si trasformò in flirtare, conservando però il sapore del gioco, insomma, eravamo un po' più che amici ma fondamentalmente, principalmente, amici.
Con lui stavo bene e dimenticavo le recenti delusioni, affettive e professionali. Ed anche i problemi, primo fra tutti la disoccupazione!
Dopo qualche settimana trovai lavoro su uno yacht, e così passai quasi tre mesi in Corsica, dove incontrai anche una persona per la quale persi la testa e il cuore.
Quando tornai rividi P. e ci raccontammo i nostri tre mesi, il mio amore per la persona conosciuta in Corsica, la fine della sua convivenza e quindi la chiusura definitiva della sua lunga storia, la sua storia estiva con una persona che conosceva da anni e che conoscevo anch'io, insomma riprendemmo a frequentarci e a raccontarci, come facevamo nelle lunghe giornate di sole e di mare. Questa volta passeggiando sul molo, gustandoci il salmastro di quel mare autunnale che tanto amavamo, o davanti al suo caminetto, bevendo un bicchiere di vino.
Poi una sera ci fu un fraintendimento, per telefono, ci capimmo male, ci spiegammo peggio, e il nostro rapporto si incrinò.
E forse a causa di un po' d'orgoglio, o forse perchè in quel momento i nostri sentimenti erano confusi, e cercavamo nell'altro cose che l'altro in quel momento non poteva o non voleva darci, o forse perchè i nostri sentimenti erano diversi da quello che pensavamo, facemmo una gran litigata, e non cercammo di chiarirci, perdendoci di vista.
E quando ci rincontrammo  l'estate successiva sulla stessa spiaggia ci evitammo accuratamente.
Quando dopo anni, ho avuto bisogno di un aiuto che professionalmente lui poteva darmi, ho esitato un po' ma poi ho chiamato, e lui è stato il solito. Come se ci fossimo salutati la sera prima, come se tutti quegli anni non fossero passati. E quello stupido litigio non fosse mai avvenuto.
Tra l'altro scoprimmo che conosceva benissimo la persona che che nel frattempo avevo incontrato ed era diventato mio  marito, o meglio lo conosceva quando mio marito era un bambino e lui un ragazzino, ed abitavano vicini.

Dopo un po'  ci perdemmo di nuovo di vista, questa volta per i diversi impegni familiari e per il diverso stile di vita. Lui ancora single impenitente, io sposata e con un bambino piccolo da accudire.
Nel frattempo avevo cambiato anche spiaggia, quindi gli incontri erano rarissimi anche in estate.
Poi lo incontro con una nuova fidanzata, lo vedo sereno, ne sono felice. Vengo a sapere dal "bagnino" della vecchia spiaggia, ancora in contatto con lui, che si è sposato e che proprio lui gli ha fatto da testimone! Bene, mai dire mai, non ci avrei mai  creduto...
E infatti, quando lo incontro e mi congratulo per l'avvenuto matrimonio mi dice che si è già separato...e sono passate solo poche settimane dal giorno del si! Mi dispiace. A lui no. Riconosce di aver fatto un errore. Ma la considera una tappa della sua vita che comunque gli ha dato molto.
Da allora non ci siamo  più persi, anche se i nostri diversi stili di vita ancora ci separano. Lui è tornato ad essere uno scapolo impenitente e per di più sempre in viaggio, io ho ripreso a lavorare ed ho un figlio che cresce e con lui crescono gli impegni.
Questa è la storia di una amicizia vera , che dopo più di dieci anni e qualche intoppo resiste ancora. Sempre più profonda, intensa, per qulacuno forse inconcepibile, incomprensibile. Per noi, che la viviamo, semplicemente bella.
Gli intoppi sono dovuti ai nostri caratteri, così simili. E' per questo che ci siamo "riconosciuti", subito, con uno sguardo prima, a pelle dopo.  Per noi guardare l'altro è come guardarsi alo specchio. A volte riconosciamo nell'altro i nostri stessi lati positivi, che ci fanno sentire bene, con noi stessi e con gli altri. Altre volte quelli negativi, che non ci piacciono. E allora lo facciamo notare all'altro. E nasce il confronto. Altre volte ancora invece, il lato negativo non ci piace proprio, prima in noi e poi  nell'altro, e viene la rabbia, e  nasce lo scontro.
Però siamo ancora qua. E quando iniziamo a parlare non ci fermiamo più. E sicuramente potremmo arrivare all'alba, come quel giorno di dieci anni fa. Ma adesso ci sono impegni che ce lo impediscono. Per fortuna, dopo tanti anni, ci capiamo al volo, a volte anche solo con un semplice sguardo, e quindi i tempi diconversazione si sono notevolmente ridotti anchese la voglia di raccontarsi e confrontarsi è rimasta la stessa.


altri anni sono passati, nel frattempo io mi sono separata, lui ha perso prima la madre e poi il padre, quindi i motivi per rientrare in Italia sono diminuiti per cui ci vediamo sempre meno. nelle foto che ogni tanto pubblica su facebook, comeho già scritto,  lo vedo felice. ha una nuova compagna incontrata dove vive ed è ancora affasscinante. non più un bel ragazzo  moro dallo sguardo tenebroso ma un affascinante signore brizzolato. ma soprattutto è ancora il  mio  grande amico P.

giovedì 30 ottobre 2014

PENSIERI SULLA A12

qualche sera fa sono andata a Chiavari, invitata alla cena della consegna degli attestati di fine 1° livello del corso per sommelier di cui sono stata direttore di corso prima dell'estate. ci sono andata volentieri malgrado fossi stanca per essermi svegliata alle 6 e aver lavorato la mattina a scuola e il pomeriggio a casa. malgrado fosse una sera infrasettimanale e quindi  la mattina dopo dovessi di nuovo alzarmi alle 6 come ogni mattina. malgrado il forte mal di schiena che da giorni è tornato a farmi compagnia.
appena imboccata l'autostrada ho cominciato a pensare. tanto. forse troppo. ho persino deciso di non ascoltare musica mettendo un cd ma di ascoltare un programma radio e il notiziario. pensando di poter fermare i pensieri concentrandomi sulle parole dei conduttori. ma dopo poco mi sono accorta di non seguire i discorsi. mi sono accorta di non aver ascoltato nemmeno una notizia.
il cielo era bellissimo. sereno. stellato nonostante l'inquinamento luminoso. con uno spicchio di luna che somigliava all'immagine qui a fianco. solo che quello qui a fianco è il sole durante una eclissi. mentre quella era la luna. ma sto divagando. ecco, i miei pensieri l'altra sera facevano uguale... divagavano. facevo dei voli pindarici incredibili. da un pensiero all'altro senza collegamento. apparentemente. ma sicuramente nella mia mente un collegamento c'era. anche se bizzarro. e quando non c'era... forse c'era ma era inconscio.
il cielo stellato mi ha fatto pensare  a quando navigavo, e allora ho pensato a un mio lontano amore conosciuto proprio in quel periodo durante una sosta un po' più lunga in un porto. una storia importante durata  abbastanza a lungo per essere una storia iniziata per caso. l'unico colpo di fulmine della mia vita. uno dei pochissimi amori della mia vita.
l'autostrada che stavo percorrendo mi ha ricordato quando per lavoro sono stata due mesi  a Genova e tornavo a casa solo per il fine settimana e il pensiero di Genova mi ha riportato alla mente persone conosciute durante i miei 15 anni di lavoro nel mondo della nautica e quindi i miei 15 Saloni di Genova. ma mi ha riportato indietro anche di pochi mesi, quando per l'incarico che avevo avuto sono andata a Chiavari per una volta a settimana per due mesi. ho pensato che era fine primavera- inizio estate e le giornate stavano allungando, e io stavo bene. mentre adesso stanno accorciando, e io sto bene lo stesso. ho pensato che avevo già mal di schiena ma ancora non avevo avuto attacchi di lombalgia acuti e violenti. e che ancora non avevo fatto la risonanza magnetica e non avevo chiesto il consulto di un neurochirurgo. e non sapevo di avere due protrusioni. nome brutto che indica l'anticamera dell'ernia. nemmeno sapevo che a settembre avrei ottenuto il mio tanto atteso trasferimento in una scuola  di Viareggio. e che quindi sarebbe finita la mia vita da pendolare. dopo sei anni. e ancora non sapevo che l'estate sarebbe stata bizzarra dal punto di vista meteorologico. e nemmeno che sarei riuscita ad andare tre giorni in Franciacorta. e nemmeno immaginavo che avrei conosciuto chi poi ho conosciuto durante l'estate. e ho ricordato che ancora pensavo di essere innamorata. e forse lo ero. e che ancora pensavo che il mio rapporto, se pure traballante e in crisi da tanto, troppo tempo, forse era ancora recuperabile. e che forse non sarebbe mai finito. non ricordavo, in quel momento,  che invece tutto ha una fine (meno i würst che ne hanno due, come dicono i tedeschi) e che io l'ho sempre pensato. volevo credere ad una eccezione. senza non voler vedere che l'unica cosa che non aveva fine in quella storia era la reciproca sofferenza da quando qualcosa si era definitivamente rotto. e che non sapevo nemmeno esattamente cosa, si fosse rotto. e nemmeno esattamente quando. ma si era rotto. e che era già finito da tempo. quello che avevo creduto, ormai quasi cinque anni prima, essere "per sempre".... in realtà aveva una scadenza.  come lo yogurt. con la differenza che la data non è indicata da alcuna parte. in una cosa che in vita mia non avevo mai creduto essere possibile... per un periodo ci avevo creduto. e mi ero sbagliata.
in mezzo a pensieri spettinati come i miei capelli, aggrovigliati come i miei capelli... ma anche morbidi come i miei capelli... sono arrivata a Chiavari.
uscita autostrada, ristorante. ottima cena, e tante soddisfazioni. buoni vini, e alcune  gratificazioni. persone piacevoli. alcune molto simpatiche. peccato che anche se non siamo lontanissimi non siamo  nemmeno vicini vicini. perché alcune di quelle persone le frequenterei volentieri.
di nuovo in auto. di nuovo autostrada. di nuovo pensieri. tanti. forse troppi. ho faticato a tenerli fermi. cercavo di fissarli come fissavo la linea di mezzeria.
facevo il conto alla rovescia dei chilometri che mi separavano dal mio letto. e dei sogni ad occhi aperti che mi separano  dalla mia serenità. fine viaggio. uscita viareggio. pedaggio.  casa. letto. sonno. e ancora sogni. vita.



domenica 12 ottobre 2014

IL TRENO, IL VINO

e dopo il treno preso dopo secoli martedì, per andare a Firenze per la giornata dello champagne, c'è il treno preso di nuovo dopo solo due giorni, giovedì,  per tornare a Firenze per la presentazione della guida dell'Espresso. stessa stazione di partenza, praticamente stesso treno anche se con orario diverso (quello delle 8.10 anziché quello delle 9.10) stesse fermate. stesso caleidoscopio di immagini fuori dal finestrino, stesso assortimento di varia umanità dentro lo scompartimento, stesso groviglio di pensieri spettinati (come i miei capelli) dentro la mente, stesso intreccio di piacevoli sensazioni dentro l'anima.
ovviamente anche stessa corsa per raggiungere la stazione  da casa mia perché anche se stavolta cerco di calcolare bene i tempi, una serie di imprevisti casalinghi mi porta ugualmente a correre per non perdere il treno.
però stavolta riesco a fare il biglietto in stazione. ed anche a convalidarlo nell'apposita macchinetta! Viareggio ormai è una stazione di serie B. pochi treni, niente fermate per le varie frecce... rosse, bianche o azzurre che siano. biglietteria aperta solo in certi orari e solo una su sei. coda. impiegata lenta. signora gentile che mi fa passare avanti ché tanto doveva solo chiedere informazioni. annuncio treno, corsa nel sottopasso, scale salite di corsa, binario sbagliato, scale discese di corsa, e risalite di corsa stavolta al binario giusto, treno. al primo posto libero mi siedo e vedo una faccia conosciuta. una professoressa che insegna nella scuola dove lavoravo lo scorso anno. io ero nella sede distaccata ma ci siamo incrociate qualche volta e reciprocamente piaciute. ci salutiamo e intanto il caldo (già appiccicoso fuori),  aumenta per reazione alla corsa. camicia bianca pulita e ben stirata e ancora profumata di ammorbidente... già stropicciata. appoggio la schiena al sedile per rilassarmi e riprendere una respirazione e una traspirazione normali ma la poltroncina di plastica non aiuta. la camicia si appiccica ancora di più e diventa un tutt'uno con la mia pelle e con la plastica dello schienale. mi metto seduta senza appoggiarmi e mi  salta  un bottone della camicia, fortunatamente il più basso. ho sempre ago e filo in borsa. mai quando serve. perfetto. così, per non andare a giro con la pancia all'aria sarò costretta a tenere il giubbotto legato in vita tutto il giorno. tanto è freddo.... rido tra me e me. Fantozzi in confronto a me è un dilettante...
il treno si muove. partiamo. e ad ogni metro percorso e per ogni minuto che passa penso che la mia giornata fiorentina si avvicina. un'altra giornata tutta per me e dedicata alla mia passione: il vino a 360°... come mi piace dire... dalla vigna al bicchiere.
parlo con la prof.  mi dice del suo nuovo impegno come vicepreside. io le dico della nuova scuola dove ho chiesto ed ottenuto il trasferimento. di quanto sia contenta non solo per la vicinanza a casa ma anche per il tipo di laboratorio nel quale sono impegnata. tra le tante cose che ci siamo dette tra Viareggio e Lucca dove lei è scesa mi dice anche che ha sentito dire che sono in gamba sul lavoro. be'... son soddisfazioni, non si vive di solo pane. ci salutiamo. lei ha un appuntamento in provincia per la scuola. io, le dico, vado a Firenze a degustare i vini premiati come eccellenze dall'Espresso. scopro così che anche lei è sommelier e quindi, mi dice, un po' mi invidia.
resto sola con i miei pensieri. sto bene. da qualche settimana ho ripreso in mano la mia vita e ho deciso di coccolarmi un po'. di volermi più bene. di ascoltare di più il mio corpo e i segnali che mi manda. mal di schiena? si certo, la discopatia. l'inizio di ernia... ma anche fardelli che mi son portata sulle spalle e spesso anche inutilmente. e allora terapie farmacologiche per superare l'attacco acuto, fisioterapie per togliere dolori e contrazioni. ma adesso che sto meglio... ho capito che bisogna anche fermarsi quando si è stanchi. regalarsi momenti di relax. riposare il corpo ma anche la mente. fare cose piacevoli. trovare il tempo di fare attività fisica. e circondarsi di persone positive. sto facendo tutto questo. e i primi risultati stanno già arrivando.
a Montecatini sale un gruppo di vacanzieri tedeschi non proprio giovanissimi. li ascolto un po'. non per farmi i fatti loro ma perché voglio testare cosa ricordo della loro lingua che io amo ma che ormai non ho più molte occasioni di parlare.
ad un certo punto uno di loro va in bagno. arriva una ragazza e chiede se il posto è libero. lei parla solo italiano e loro solo tedesco. non si capiscono. lei capisce che è libero e si siede. loro dicono di no allora si alza. tra di loro si chiedono "chissà come si dice occupato in italiano" allora io dico loro come si dice e iniziamo a scambiare qualche battuta. mi fanno i complimenti per il mio tedesco e io invece chiedo scusa perché, dico,  ho dimenticato molto. però piano piano riaffiora tutto. dico loro che anche quando andavo spesso in Germania anche per lavoro all'inizio mi sembrava di non ricordare niente ma poi tutto mi tornava in mente piano piano. e aggiungo che se poi bevo un paio di birre dopo parlo benissimo, tanto bene che sembro nata a Berlino. li faccio ridere di gusto. ma chi l'ha detto che i tedeschi sono freddi? alcuni di loro sono ridanciani e goderecci. e anche piacevoli. riprendo a guardare il caleidoscopio fuori dal finestrino e la signora più vicina a me riprende a parlarmi. mi chiede dove ho imparato il tedesco e dove sono stata in Germania. io le dico che ho fatto solo un piccolo corso privato ma che sono stata spesso a trovare amici vicino ad Heidelberg, dove poi  mi ero anche iscritta all'università per fare un corso per stranieri che poi non ho fatto perché mentre ero là ad organizzarmi cercando casa e lavoro ho avuto un brutto incidente e sono rimasta in ospedale tre mesi e dopo sono rientrata in Italia. le chiedo da dove vengono. lei mi dice da un paesino piccolo del nord, vicino alla Danimarca e aggiunge che viene spesso in Italia, che ama tutta l'Italia ma che adora la Toscana. io le dico che effettivamente l'Italia è tutta bella ma che la Toscana è la regione più bella perché abbiamo tutto. le città d'arte, il mare, le montagne, la campagna...  in coro (anche con un'altra "frau" che si è unita alla conversazione) diciamo che la cucina è ottima. ridiamo per averlo detto insieme... e io aggiungo che c'è pure il vino buono... e un signore, unico uomo del gruppo, marito di una di loro indicandomi mi dice "e poi ci sono le belle donne".... che galantuomo. ringrazio. eh be'... anche queste son soddisfazioni. :-)
tra una chiacchera e l'altra arriviamo a Firenze. li saluto augurando loro un buon proseguo di vacanza. vado verso un bar. un caffè è quello che ci vuole. poi direzione Leopolda. dove incontro il mio amico giornalista che mi ha "regalato" la possibilità di entrare a questa manifestazione riservata agli operatori accreditandomi come collaboratrice della sua rivista. in realtà la collaborazione è appena appena cominciata ma spero che si svilupperà. io le idee ce l'ho. se trovo chi le apprezza poi me ne viene anche di più.
sono quasi emozionata. ho fatto cinque o sei edizioni di questa manifestazione ma sempre a fare servizio come sommelier. il primo anno poi, non ancora diplomata, solo come supporto ai sommelier. che guardavo con ammirazione sognando un giorno di indossare lo stesso smoking ma soprattutto di conoscere il vino come loro. ho indossato lo smoking ed ho imparato molte cose. sono come loro. forse, senza falsa modestia, anche meglio di alcuni di loro. li guardo e sono belli. eleganti e professionali. il colpo d'occhio è davvero bello.e mi congratulo con alcuni di loro e con i capo servizio. e con il responsabile nazionale dei sommelier. e con il segretario nazionale e con  il presidente. mi ricordo per un attimo quando ero di là dal banco. la tensione del prima,  la fatica del durante e la stanchezza del dopo. ma anche la soddisfazione a fine giornata. ma penso anche che oggi, finalmente dalla parte di qua, posso assaggiare, degustare e commentare con chi di vino ne ha masticato e "sputato" tanto. e ne ha fatto un lavoro.
si, il vino si sputa. questo lo scrivo per chi non è pratico di degustazioni professionali. alle manifestazioni dove si assaggiano molti vini, alle degustazioni tecniche dove si assaggiano e si valutano alcuni vini, alle degustazioni dei concorsi dove degustatori professionisti valutano e  premiano parecchi vini, alle degustazioni dove esperti e giornalisti valutano e "recensiscono" vini e  aziende e dove in una mattinata vengono assaggiati settanta-ottanta vini... ovviamente "si sputa"... pena l'ubriacatura o comunque la perdita di lucidità e capacità gustativa...
sono stata bene. ho rivisto facce amiche. ho salutato colleghi di altre delegazioni che non vedevo da tempo. ho rivisto "vignaioli" amici e ne ho conosciuti altri.  ho assaggiato (e sputato) parecchi vini. e come al solito mi sono sentita bravina quando ho dato giudizi che coincidevano con quelli di chi è avanti a me anni luce.
veniamo via che mi sembra tardissimo, per l'intensità della giornata. in realtà è solo primo pomeriggio. autostrada, chiacchere, risate, sosta caffè, considerazioni, complimenti, suggerimenti. ho ancora tanto da imparare, dico io, un po' sconsolata.  ma sono sulla buona strada, mi dicono. resto  perplessa e allora aggiungono che sono già brava...così dicono. e ci voglio credere. continuando a studiare e ad assaggiare.
e a sputare. son soddisfazioni (saranno un po' troppe per oggi?) che danno una impennata alla mia autostima.
casa, doccia, appuntamento per  prova di degustazione professionale di alcuni vini tra i quali un chianti, un chianti classico, un pinot nero toscano e alcuni IGT toscani. sarà che nel frattempo ho dovuto risolvere un problema imprevisto. e avevo quindi la testa altrove. sarà che ero stanca. sarà che le degustazioni si fanno la mattina. sarà che non avevo mai fatto una degustazione professionale "di valutazione" (avevo solo assistito a degustazioni di questo tipo come supporto per prendere le bottiglie a batterie di cinque alla volta dal frigorifero e/o dalla cantina e portarle ai degustatori). sarà  che non sono poi così brava... ma è stata una tragedia. e la mia autostima ha avuto un calo vertiginoso. sono riuscita a riderci sopra perché l'ironia e l'autoironia sono parte di me. però  non ero contenta...
ma mi ripiglio... eh, se mi ripiglio... alla prossima, amici degustatori professionisti che avete così tanta pazienza con me che sono alle prime armi...e grazie davvero. mi avete insegnato già tanto. adesso sta a me. stappare, degustare, sputare, considerare, esprimere giudizi.
imparare.





sabato 11 ottobre 2014

IL TRENO, LO CHAMPAGNE

erano anni, ma mi sembravano secoli, che non prendevo un treno. l'ultima volta era un treno per Parigi. vagone letto. non fa testo. perchè lo presi di sera. euforia da partenza, con famiglia al seguito. e soprattutto con figlio quattrenne... ai primi cenni di stanchezza letto e sonno. disturbato, a intermittenza, non come in un vero letto. ma sonno. e poi il risveglio. praticamente a Parigi. no. non fa testo. un treno regionale (come si chiama ora) praticamente un locale (come si chiamava allora) erano almeno una venticinquina d'anni che non lo prendevo. e l'ho preso due volte in tre giorni, solo andata, per Firenze. nel senso che per il ritorno sapevo di avere un posto in auto con amici che avrei trovato là. martedì a Palazzo Borghese per la giornata dello champagne. giovedì alla Stazione Leopolda per la presentazione della guida dell'Espresso.
martedì non sapevo cosa mi aspettasse sul treno. caos? sporcizia? ritardi? sono arrivata trafelata in stazione, che è vicinissima a casa mia  ma io sono in perenne ritardo. vivo spettinata e in ritardo. da una vita. da sempre. e poi non ho saputo calcolare la distanza e il tempo necessario per percorrere tale distanza a piedi. mentre correvo  nel sottopasso per andare a fare il biglietto hanno annunciato il treno in partenza. puntuale. dietrofront. non potevo rischiare di perdere il treno. mi sarebbe saltato tutto il programma della giornata. speravo di trovare velocemente il capotreno per fare il biglietto a bordo. chè se lo cerchi te paghi solo il biglietto. se ti trova lui paghi anche la multa.
montata sul treno praticamente al volo. e  trovato  il capotreno davanti. gli dico "buongiorno, cercavo proprio lei". e lui mi fa il biglietto. gentile e sorridente. prendo posto. treno pulito e abbastanza comodo. si parte.
guardo fuori il paesaggio che scorre. e penso. a tutto. a niente. ho la testa piena di mille pensieri ma leggera. mi sto regalando una giornata tutta per me dopo un periodo di tempo indefinito ma comunque troppo lungo. e per una delle mie passioni: il vino. passione nella passione: lo champagne.
sul treno mi guardo in giro. persone e personaggi di varia umanità. il tipo in carriera che non vedo ma sento, seduto qualche posto davanti a me.  che parla ininterrottamente al telefono. chiamate ricevute, effettuate. ha parlato con clienti, con superiori, con subordinati, con segretarie e forse anche con un'amico. o un'amica. o un/una collega con il quale però, dal tono, aveva più confidenza. il tutto a voce alta. due palle.
poi c'era la mamma giovane della quale, pure di lei, ho sentito solo la voce. dall'accento napoletano, che dava istruzioni ad una baby sitter, o a un marito lasciato a casa con il bambino piccolo o ad una nonna, su cosa dare da mangiare alla creatura, la quantità  e a che ora. ma lasciare le cose dette prima no eh? anche in questo caso... due palle.
poi i due signori, marito e moglie, dall'aspetto straniero ma italiani anche se parlanti uno strano dialetto del nord,  un po' agè. marito e moglie. lui dice che ha fame. lei gli dice che non è ora di mangiare. lui borbotta rassegnato tra se e se che lei deve sempre decidere tutto, anche a che ora si deve avere fame. allora lei, pure rassegnata, tira fuori un sacchetto e dal sacchetto un piccolo panino imbottito. si sorridono. non mi hanno fatto due palle. tutt'altro. mi hanno fatto  tenerezza.
passa il controllo biglietti. intanto Firenze e la mia giornata di champagne si avvicinano. passata Lucca che una volta non mi piaceva invece ha un suo perchè. passata Pescia che mi riporta ad un sabato mattina di più di 15 anni fa, quando alle 12 il mio travaglio finiva  e mio figlio nasceva. in quella cittadina scelta solo perchè aveva  un ospedale che favoriva il parto naturale e la dimissione precoce. passata Montecatini, che mi riporta invece ad una mia esperienza di teatro amatoriale di quasi 30 anni fa... passata Prato e i suoi cinesi (ma quanti sono?)... finalmente Santa Maria Novella. puntualissimo. Firenze. caffè, passeggiata, panino (solo qualche morso) mangiato senza fame per non andare a degustare a stomaco vuoto. palazzo meraviglioso. champagne. tanta gente. tutti interessati. tutti operatori. molti conoscenti. qualche amico. tanto ben di dio. peccato sputare. ma non puoi deglutire. al terzo assaggio non sentiresti più niente. tra le maison piacevoli sorprese, qualche conferma, alcune delusioni. sento esperti che danno giudizi che coincidono con i miei. e allora mi sento brava.  so di avere ancora molta strada da fare ma capisco di averne fatta parecchia.
ad un certo punto penso che la giornata sia finita...  ed è anche giusto che sia così anche se è ancora primo pomeriggio... invece mi aspettava ancora una piacevole passeggiata per Firenze (sempre meravigliosa) in ottima compagnia, un rientro verso casa ridanciano e un pit stop per la cena a Lucca in un locale slowfood dove incontro per caso anche altri amici. arrivo a casa stanchissima. ma con un senso di serena leggerezza.

domenica 21 settembre 2014

L' ORIGINE DELLE PASSIONI

capita che qualcuno mi chieda perché mi sono appassionata al mare prima e al mondo del vino poi. entrambe le passioni vengono da lontano. addirittura il fascino che subivo da questi due mondi quando ero piccola mi è stato in parte raccontato perché ero così piccola che non lo ricordo. sembra che restassi in silenzio assorta e sorridente davanti al mare quando mia madre mi portava sulla spiaggia la mattina presto. in estate.o in bicicletta sul molo,  in tutte le altre stagioni, appena il tempo le permetteva. perché l'aria salmastra, lo iodio e il sole facevano bene. guardavo quell'immensa distesa d'acqua, se il mare era calmo, e stavo bene. mi dava pace. guardavo le onde frangersi sulla riva o sugli scogli, se il mare era mosso,  ed ero affascinata. guardavo le barche e sognavo. erano considerazioni che  faceva  mia madre interpretando le mie espressioni. ma visto che sono sensazioni che provo anche adesso... credo che non fosse lontana dal vero...

la zona di Viareggio dove vivevo all'epoca era periferia, quasi campagna. oggi è un quartiere come tutti gli altri. all'epoca, in fondo alla strada dove abitavo (e dove ancora oggi vivono i miei) c'era un passaggio a livello "morto" oltre il quale c'erano campi, una pioppeta e la casa di un contadino. prima del passaggio a livello c'era invece  un casello dove abitava un ferroviere con sua moglie e una figlia di poco più grande di me. in uso, oltre al casello, aveva un paio di filari di vigna che correvano per qualche centinaio di metri lungo la ferrovia.
quando arrivava settembre, in un giorno che lui riteneva giusto e che ci comunicava per tempo e che noi aspettavamo con impazienza, il ferroviere chiamava tutti i ragazzini della strada e consegnandoci un paio di forbici ci portava "di là dalla ferrovia" con sua moglie e sua figlia e dopo averci fatto vedere dove tagliare dava inizio alla "vendemmia".
il giorno dopo ci metteva in fila su un muretto, ci lavava i piedi con la sistola * e ci faceva entrare in grossi contenitori dove iniziavamo a pigiare l'uva. la sensazione dell'uva che si spacca sotto i piedi, del solletico dei raspi, dei grappoli che diventano poltiglia... non la dimenticherò mai.
ci preparava anche la merenda. un po' di pane con l'olio, o con il pomodoro strusciato, o qualche fico colto dall'albero nell'orto.
dopo buttava "il pigiato" in una botte di legno che aveva in una stanza buia sul retro della casa. e ricordo, quando andavo a trovare sua figlia per chiaccherare un po' e passavo dal retro, attraversando quella stanza buia e fredda,  secondo che mese era,  l'odore del mosto  il rumore del "ribollir dei tini". e il sapore aspro del vino pronto, qualche mese dopo, che mi faceva assaggiare (giusto bagnare le labbra). e l'orgoglio nel pensare che quel vino "l'avevo fatto anche io". non so se  l'asprezza è solo nel mio ricordo o se davvero era il sapore di quel vino fatto in casa. so che quel lungo procedimento, dalla vigna al bicchiere, mi affascinava.
come mi affascinava la "cambusa" del ristorante di lusso dove lavorava mio padre come cameriere e dove, nel periodo che ci ha lavorato anche mia madre come governante, io e mio fratello abbiamo trascorso pomeriggi dopo la scuola. la cambusa era la cantina. ma il proprietario era appassionato di mare e parte dell'arredamento  del ristorante, che si trovava sul molo, ricordava l'interno di una nave. il suo ufficio lo chiamava "cabina" ed era arredato come la cabina di una nave, e anche la finestra era un oblò. e la cantina era chiamata, appunto, cambusa.
mi piaceva seguire mio padre quando sistemava i vini sugli scaffali. mi piaceva guardare le etichette e immaginavo fossero bottiglie preziose, data la cura e l'attenzione che mio padre riservava loro. sicuramente all'interno ci doveva essere, pensavo, un vino buonissimo. ben diverso dal vino "del ferroviere".
narra la leggenda (perché questa è una delle cose che non ricordo ma che mio padre sostiene) che io in quel periodo, di tanto in tanto, dicessi che da grande volevo fare il sommelier. avevo circa 10 anni. bene. avevo fatto dei progressi visto che per un periodo, intorno ai 6 anni,  alla domanda cosa farai da grande rispondevo "il benzinaio". forse perché mi piaceva l'odore della benzina. deve essere per questo che oggi amo il risling. (e questa la capiranno solo gli appassionati di enologia)
in quel lussuoso locale che oggi, cambiato il proprietario, a poco a poco dopo la vendita è diventato una trattoria (con tutto il rispetto per le trattorie ma se il vecchio proprietario ormai morto lo vedesse morirebbe per la seconda volta) non c'era un sommelier ma sapevo cosa era e cosa faceva un sommelier perché mio padre me lo aveva spiegato. e pare che proprio dopo la sua spiegazione abbia cominciato a immaginarmi a stappare, a degustare, a servire dei vini importanti.
a me il vino non piaceva. quella goccia di vino che a volte i vecchi mettevano nel bicchier d'acqua dei piccoli durante il pasto non mi piaceva. ma mi piaceva l'odore.
intorno ai 16 anni mia madre, mia nonna, mio padre... iniziarono a dirmi che dovevo bere almeno un dito di vino che sicuramente mi avrebbe alzato la pressione che avevo sempre bassa. e che, insieme alla "ciccia", mi avrebbe aiutato a combattere quella leggera anemia... perché si sa... il vino fa buon sangue, dicevano. ma a me il vino continuava a non piacermi. poi mia madre una volta comprò il lambrusco. lo sentì dolcino, leggermente frizzante, e mi sembrava una bibita. e allora un dito di lambrusco a pranzo e uno a cena ce la facevo a berli. per la gioia dei miei che mi vedevano (e lo ero) sempre verde... versione pallida e invernale di chi come me ha la pelle olivastra. che poco c'entra con la salute effettiva della persona. ma vallo a spiegare a mia nonna.

ho continuato ad amare il mare, come ben sa chi mi conosce. tanto da frequentare l'Istituto Tecnico Nautico, lavorare poi nel settore per venti anni  dei quali tre trascorsi imbarcata come marinaio.
e ancora oggi, che faccio tutt'altro, lo amo. in estate facendo vita da spiaggia appena posso. e in tutte le altre stagioni correndo sul molo a respirare un po' d'aria salmastra, di iodio e a godermi un raggio di sole. che, si sa, fanno sempre bene.
ho continuato ad amare il mondo del vino, che nel frattempo ho cominciato a bere e ad apprezzare. prima da autodidatta, poi con un mini corso, poi diplomandomi sommelier. e continuo ad amarlo, dalla vigna al bicchiere. visitando cantine e partecipando a degustazioni. insegnando anche a chi, autodidatta come ero io all'inizio, ama il vino e vuole conoscerlo per apprezzarlo.
ovviamente adoro  le prime due strofe della  poesia "san martino" del Carducci...

La nebbia a gl'irti colli 
piovigginando sale, 
e sotto il maestrale 
urla e biancheggia il mar; 

ma per le vie del borgo 
dal ribollir de' tini 
va l'aspro odor de i vini 
l'anime a rallegrar.
 


* sistola = termine toscano che indica un pezzo abbastanza lungo di tubo di gomma che, collegato ad una fontana (in toscana cannella), viene  usato per annaffiare le piante

domenica 14 settembre 2014

LA STESSA STRADA

ieri ho percorso  una parte della strada che ho fatto per anni, tutti i giorni, giorno dopo giorno, mese dopo mese. è la strada che mi portava a lavoro. a Seravezza, dove si trova la scuola che era mia sede di servizio. qualche volta però, quando la sede di Seravezza era chiusa, dovevo andare a Forte dei Marmi, dove si trova la scuola che era sede centrale. una strada percorsa con diverse condizioni meteo fuori dal finestrino, attraversando ogni stagione. una strada percorsa con diversi pensieri nella testa, organizzando mentalmente la giornata cercando di rendere "produttivi" quei quaranta  minuti di guida. una strada percorsa con diversi stati d'animo nella pancia, mai positivi. andando in un posto che non mi piaceva, a fare un lavoro che non mi piaceva. circondata da molte persone, alcune delle quali non mi piacevano.
ieri dovevo andare al Forte. e non per lavoro. una amica aveva organizzato la presentazione di un libro di poesie. e mentre viaggiavo ripensavo a tante cose. e mi sentivo finalmente lontana dal periodo più brutto della mia vita lavorativa.
la serata è stata piacevolissima. belle poesie, scritte a quattro mani da un uomo e una donna che si sono conosciuti su facebook e coltivando la stessa passione per la scrittura e per la poesia hanno iniziato ad inviarsi versi e poi ad aggiungere versi propri ai versi dell'altro. si sono accorti che venivano fuori vere e proprie poesie dove non si capiva più chi aveva scritto cosa. ed hanno avuto l'idea di raccogliere gli scritti e farne un libro.
interessante la conoscenza con gli autori e con alcune persone venute dal nord  per assistere alla presentazione di questo libro e per conoscere gli  autori che invece vengono dal  sud (campano lui e siciliana lei) che avevano conosciuto su facebook e dei quali leggevano ed apprezzavano  gli scritti senza mai averli incontrati nella vita reale.
le ore sono scivolate via tra un verso ed una riflessione, tra un aperitivo e due chiacchere, tra uno stuzzichino e una risata. il tutto allietato pure dalle note di un sassofono.
tornando a casa, arriccchita di nuove conoscenze, sono passata davanti a quella scuola che per me resterà sempre "il salotto buono del diavolo", come la definivo quando chiamavo invece la mia sede di servizio "casa del diavolo". ho sorriso. un periodo ormai chiuso. definitivamente. una tempesta che ho affrontato e superato. dalla quale sono uscita un po' acciaccata ma ancora più forte. ed ho continuato, serenamente, la strada. verso casa.
e sto continuando, serenamente, la strada.
della vita.

domenica 7 settembre 2014

IN RADA E IN NAVIGAZIONE. NEL MARE E NELLA VITA.

ieri mattina, pochi minuti dopo le 7. mentre sto per uscire dalla doccia sento il suono di notifica dell'arrivo di un messaggio. indosso un accappatoio e mentre mi asciugo penso chi possa essere mattiniero come me. è sabato mattina e io devo andare a lavorare ma nessuno tra i miei amici lavora il sabato. mio fratello a volte si. penso sia lui e mi preoccupo anche un po'. vive con i miei genitori i quali,  anche se ancora in gamba, sono pur sempre anziani e con qualche acciacco dell'età. controllo il telefono. leggo il nome del mittente. è un amico. ma il messaggio non contiene parole. solo una immagine. la apro. so che è in Corsica. in barca a vela. ci accomunano molte cose tra le quali la passione per il mare. che lui riesce a coltivare molto più di me. e spesso mi rende partecipe di qualche suo bel momento "di mare" inviandomi belle immagini. come questa. è la foto dell'alba. in rada. stare in rada significa, per chi non è "avvezzo" al mare ed è  poco pratico di termini marinareschi, dar fondo all'ancora sotto costa, in un punto riparato dal mare e dal vento, invece di entrare ed ormeggiare  in porto. ed ha un fascino particolare.
rispondo al mio amico  ringraziandolo e dicendo che le albe e i tramonti sono tra le cose che più mi mancano del mio "navigare". soprattutto quelli delle notti passate in rada. mi risponde che il senso de messaggio era proprio quello. condividere uno dei momenti che lui adora e che immaginava, conoscendomi,  amassi anche io. inizio a prepararmi per il lavoro e vestendomi ripenso a quando navigavo. mi sembra siano passati cento anni. mi sembra di averlo fatto in un'altra vita. mentre invece l'ultimo imbarco risale "solo" a diciassette anni fa. certo non pochi. ma niente in confronto all'eternità. una frase fatta, ma così è. l'eternità poi  è uno di quei concetti astratti, come immenso, infinito... che in mare prendono forma. come prendono forma alcune sensazioni  solitamente non descrivibili. serenità. pace. ma anche irrequietezza. e perché no, paura.
ripenso alle mie notti in navigazione e a quelle in rada. con le albe e i tramonti dai colori indescrivibili che nemmeno le belle foto riescono a riprodurre. al sole che nasce e scompare sempre dal mare e nel mare. sempre in un punto diverso. ma solo rispetto a chi lo guarda. perché, si sa, lui sorge sempre ad est e tramonta sempre  ad ovest. ripenso anche alle notti in porto. al tintinnare delle drizze e delle sartie delle barche a vela ormeggiate vicino a noi. perché ero marinaio su una barca a motore. e quindi quella musica tintinnante potevo goderla solo se c'era vicino qualche barca a vela. e se c'era un po' di vento. io dovevo accontentarmi di un altro "suono". anzi due. che pure adoro. uno è lo "sciabordìo" dell'acqua che batte leggermente sullo scafo dondolato da un po' di risacca. e l'altro è il "cigolìo"  dei cavi di ormeggio, ora tesi ora laschi, al ritmo della risacca. tanto più percettibile quanto più l'oblò della cabina è vicino ad uno dei cavi. e penso pure alle albe ed ai tramonti in porto. il sole che scompare dietro ad un promontorio. e risorge dal mare. o che si tuffa nel mare dopo aver attraversato con i suoi raggi rossi una foresta di alberi di legno e di acciaio. o che fa capolino da dietro un gruppo di case arroccate su una collina che si tuffa nel mare. cartoline di vita sempre diverse. mille espressioni di uno stesso fenomeno. sempre diverso e sempre uguale.
a volte il mio amico mi invia anche brevi filmati. di lui al timone che recita, con la voce attraversata dal rumore del vento,  termini e numeri che solo un appassionato di mare può decifrare. sono i dati di navigazione. rotta. vento. mare. vele. manovre.
allora ripenso ai miei anni di scuola. quando studiando navigazione, astronomia, meteorologia ed oceanografia immaginavo un giorno di solcare i mari, di approdare in terre lontane, di attraversare le tempeste e di assaporare le calme. in realtà poi l'ho fatto solo per pochi anni. realmente. ma continuo a farlo ogni giorno. con la fantasia, continuando ad immaginare traversate oceaniche e navigazioni costiere. nel ricordo, continuando a ripensare a notti trascorse nel silenzio della rada o in porto tra il tintinnìo delle manovre e il cigolìo delle cime. nella realtà, continuando a navigare nel mare della vita. superando tempeste ed approdando, di tanto in tanto, in qualche porto sicuro.

mercoledì 27 agosto 2014

FINE ANNO (scolastico)

chi lavora a scuola come me arriva a fine agosto come si arriva a fine dicembre... pieni di aspettative e di buoni propositi e di speranze per l'anno nuovo. che per noi che lavoriamo a scuola inizia il primo di settembre. perché per noi l'anno lavorativo dura dodici mesi come per tutti, con circa 30 giorni di ferie come per tutti ma prende una parte di un anno solare e parte dell'anno solare successivo. si considera cioè l'anno scolastico. ma non l'anno scolastico inteso come periodo di attività didattica, quello cioè degli studenti (e in diciamo anche degli insegnanti) cioè da metà settembre a metà giugno, bensì dal 1° di settembre al 31 agosto. e quindi in questi giorni è tutto un trionfo di "auguri" e di  "buon anno" esattamente come negli ultimi giorni di dicembre. tra pochi giorni finirà ufficialmente l'anno scolastico 2013/14 per me e per i miei colleghi ATA e anche per i docenti che però in estate anche se non sono in ferie hanno solo l'obbligo di essere reperibili e disponibili ma non devono essere presenti a scuola come invece noi tecnici, amministrativi e bidelli. per chi è di ruolo e non cambia sede ci sono poche novità. al limite può perdere qualche collega che se ne va perché precario o perché ha chiesto il trasferimento. o anche il dirigente scolastico (preside) perchè va in pensione o perché viene trasferito... ma  chi è precario ha in questi giorni l'ansia di sapere se e dove lavorerà. ed è quindi destinatario anche di "in bocca al lupo" oltre che di auguri di buon anno. per chi invece è di ruolo ma, come me, ha fatto domanda di trasferimento e l'ha ottenuto, ha l'adrenalina a mille. è contento, curioso, un po' preoccupato e molti altri stati d'animo si alternano e si confondono. personalmente sono contenta perché finalmente torno, dopo 7 anni, a  lavorare a Viareggio. sono curiosa perché sarò in una scuola dove non ho mai lavorato. e sono un po'  preoccupata perché sarò di nuovo tecnico dell'area informatica e non più dell'area meccanica e quindi dovrò ripassare alcune cose, studiarne altre, organizzarmi il nuovo lavoro... e tutto ciò mi piace. mi stimola. mi "energizza".

oggi era il mio ultimo giorno di lavoro nella vecchia scuola. da oggi sono ufficialmente in ferie per tre giorni e poi da Lunedì settimana nuova, mese nuovo, anno (scolastico) nuovo, scuola (e anche lavoro) nuovo... insomma vita (almeno quella lavorativa) nuova.
pensavo di finire ormai l'anno nella sede centrale a Viareggio poiché quella distaccata di Seravezza nel periodo estivo è chiusa. invece un operaio doveva venire a fare alcuni interventi proprio sui torni dell'officina meccanica e quindi stamani sono andata per l'ultima volta a casa del diavolo. avevo iniziato a cdefinire Seravezza così, scherzosamente, appena ebbi l'incarico... perchè mi pareva lontanissimo. a casa del diavolo, appunto. e quindi chiamavo così quel "paesotto" che sa di montagna ma che non è nemmeno collina, solo che ne ha l'aspetto. forse perché si trova in una conca dove si incontrano due fiumi (il Serra e il Vezza, che evidentemente hanno dato nome al paese) ed è circondato da monti. poi per vari motivi, ben noti a chi mi conosce bene,  ho pensato che mai nome fu più appropriato per definire il mio posto di lavoro. e per me, fino allo scorso anno, quella scuola (e non il paese) era davvero la casa del diavolo. ma torniamo ad oggi. di nuovo Seravezza, di nuovo quel tragitto che non so quante volte ho fatto. in tutte le stagioni, con il paesaggio che mi scorreva dal finestrino sempre diverso eppure sempre uguale a se stesso. con gli alberi spogli in autunno e verdi in estate ma sempre gli stessi alberi. con i giardini più fioriti in primavera ma sempre gli stessi giardini. le scuole, l'ospedale, il supermercato, le stradine sconosciute ai più percorse nel tentativo di guadagnare quei cinque minuti che se riuscivi a risparmiare sia all'andata che al ritorno diventavano dieci e nell'economia della giornata erano a volte fondamentali. stamani ho rivisto la statua di Botero a Pietrasanta, i laboratori di marmo a Vallecchia, e l'indicazione della strada per Strettoia che mi ha ricordato il circolo ARCI che ho gestito per un anno e mezzo. e l'indicazione per Solaio che invece mi sa di tordelli e di festa dell'unità che non si chiama più così. perchè gli anni passano e le cose cambiano. ma vado fuori tema. di certo non fuori strada che ormai la macchina ci arriva da sola, a Seravezza. attraverso il ponte di ferro che passa uno dei due fiumi (mnon ricordo mai quale dei due) e poi il secondo ponte di ferro in quel tratto di strada dove non prende il telefono e nemmeno la radio. neanche radio maria, che invece prende ovunque. e a dir la verità ogni tanto fa capolino anche in quel tratto di strada, dimenticato dagli uomini ed evidentemente anche da dio, con un pezzo di una qualche preghiera che io zittisco subito spengendo la radio. e mica si può sentire l'avemaria o il padrenostro mentre si va a casa del diavolo. e che diamine. e così oggi ho rivisto la "mia" officina. con i "miei" torni,  le "mie" morse e tutti i "miei "attrezzi" e i "miei" strumenti. che avevo già salutato a giugno anche se non sapevo ancora se avrei avuto il trasferimento. ma ci speravo. e ho rivisto i miei ultimi 6 anni di vita lavorativa. compreso quello "sabbatico" che mi presi per allontanarmi dal diavolo. e adesso, con tutte le sensazioni che mi porto dentro, mi vado a fare una doccia. e dopo mi rilasso un po'  sul divano con il mio micio ed un buon libro. e in questi ultimi tre giorni di ferie mi preparerò al capodanno. sperando che sia col botto.

domenica 24 agosto 2014

IERI, 23 Agosto, AUGURI EGISTO

100 anni sono passati da quando vedesti la luce nella tua Viareggio. e io ieri ti ho ricordato così, con uno scritto di poche parole che ho pubblicato altrove e poi ho dimenticato di pubblicare anche qui. provvedo subito, anche se con un giorno di ritardo rispetto alla tua data di nascita...  a "imperitura memoria"... come ti garbava dire a te. e già che ci sono lo amplio anche un po'.

AUGURONI Egisto! ogni volta che ti ricordo o che ascolto una tua canzone (e mi viene la ciccia di gallina) o leggo una tua poesia... penso che ho avuto la fortuna di conoscerti. E l'onore di "fare" un paio di tue canzonette, e purtroppo il dispiacere di non essere a Viareggio quando te ne sei andato. quell'estate ero imbarcata. ero, come si dice a Viareggio, "agli sbruffi del mare". a Viareggio manchi, sai? avevi un caratteraccio, è vero. come spesso hanno gli artisti... i poeti... e quindi forse proprio dal brutto carattere nascono certe sensibilità... chissà. ricordo la prima volta che ti vidi "da vicino" e non sul palco: era novembre, eri sul letto, nella tua casa in via Garibaldi, con la vestaglia da camera, i fogli del copione sparsi sul letto... recitavi sempre, eri un vero istrione.  e in quel momento interpretavi la parte del grande regista. mentre  spiegavi, parlando con la voce impostata e la gestualità da teatrante, a me e ad altri della compagnia cosa avevi pensato per la canzonetta che sarebbe andata in scena a Febbraio: le scene che cambiavano girando... "come al Sistina" , dicesti.... pensavi sempre in grande, te. era un'idea che avevi da tempo, ci spiegasti,  e che avresti realizzato grazie a una "ghidona" presa in prestito da un giostraio della pineta. ciao Egisto. eri un monello, proprio come quello che interpretavi nello sketch della panchina e del carapugnolo... brontolavi sempre e non ti andava mai bene nulla... e io ti ho voluto bene come si vuole bene a un nonno burbero.

venerdì 22 agosto 2014

VIAREGGIO E IL TABARRACCI



ci sono angoli di Viareggio che quando ci passo davanti mi fan sentire più viareggina del solito. perché appartengono a Viareggio più di altri, perché sono la storia di Viareggio più di altri, o semplicemente perché per me sanno di Viareggio più di altri. anche se sono cambiati. anche se ne è cambiata la destinazione d'uso. del resto il Malfatti tanti anni fa cantava già "...Viareggio sei cambiata, non ti conosco più..." e ogni volta che lo incontravo si lamentava di come fosse ridotta "la su' viareggio"... mi immagino cosa potrebbe scrivere e cantare e dire se facesse un giro per Viareggio oggi. soprattutto nella irriconoscibile Via Garibaldi... che non è più la sua "Via Garibaldi piena di soldi, soldi per vivere e fare all'amor..."
facevo queste riflessioni ieri mattina presto quando sono andata al "vecchio ospedale" per farmi delle analisi. ecco. il Tabarracci è uno di quei posti che mi fanno sentire a Viareggio e di Viareggio. ci pensavo mentre cercavo disperatamente parcheggio (una delle tante note dolenti di Viareggio) e mentre cercavo disperatamente di evitare le buche (altra nota dolente). ho un problema alla schiena e mi ha detto il medico, almeno in questa fase acuta,  di portare un busto e di evitare di guidare. ma da casa mia al Tabarracci ci sarà si e no un chilometro... e quindi ho "trasgredito" alle prescrizioni mediche. senza pensare che le strade di Viareggio sono ormai dei piccoli, piccolissimi  tratti di asfalto  tra una buca e l'altra. dopo cinque  minuti di un misto tra safari e rally girando intorno all'isolato stando attenta, oltre ad evitare le buche, ai sensi unici che vengono cambiati ogni tre per due, ho parcheggiato proprio di fronte all'ospedale. sono scesa di macchina, mi sono girata e in quei pochi attimi attraversando la strada, entrando dal grande portone e salendo le scale ho ricordato quando venni, bambina contenta, a visitare mia mamma che aveva partorito mio fratello. e quando, più grandicella ma sempre bambina, fui operata di appendicite. e quando venivo, adolescente preoccupata, a trovare mio padre che aveva avuto  un brutto incidente. ho buttato lo sguardo  oltre l'ingresso ricordandomi quel corridoio che da piccola mi sembrava enorme, mi sono ricordata la cappella dove con la mamma ci fermammo a pregare, perché mio padre non era messo bene. e dove mi è sempre stato raccontato che ero stata battezzata dal frate che curava la cappella. padre Giosuè. quel frate a metà tra il burbero e il buono. che aveva, e quello lo ricordo, battezzato anche mio fratello. così diverso dal bambolotto tipo cicciobello che mi ero immaginata di avere come fratellino. cicciobello biondo e paffuto. mio fratello "scaarito" con tutti  i capelli neri. pochi secondi e così tanti ricordi. salgo le scale, quelle che una volta portavano alle camere "a pagamento". ala dell'ospedale, almeno per me bambina curiosa che ogni volta chiedeva "lassù cosa c'è",  oscura e misteriosa frequentata solo dalla Viareggio bene. da coloro che non potevano mescolarsi agli altri malati in camerate con dieci letti.
solo le scale di marmo consumate dall'usura ricordano "il Tabarracci" che fu. perchè dentro ci sono cartelli moderni che indicano i vari ambulatori, suddivisioni moderne con infissi moderni con infermieri moderni. ma per un attimo ho ricordato le infermiere con le calze bianche, la cuffietta in capo e il giacchetto blu. e le suore con quei  buffi copricapo. e padre Giosuè che vagava per i reparti portando conforto. e i dottori che conoscevano tutti. perché erano quasi tutti di Viareggio loro e quasi tutti di Viareggio i pazienti. vivevamo in un paesone dove tutti si conoscevano. per un attimo ho avuto nostalgia di quella Viareggio. poi sono uscita, ho fatto colazione da Puccinelli. una pasticceria che, come la Fauzia, mi sa di Viareggio. come mi sanno di Viareggio  la pizza di Athos e la cecina di Rizzieri. come mi sanno di Viareggio la darsena e il ponte girante, l'orologio vicino a Fappani, la torre Matilde e il ponte di Pisa, la statua del Viani sul molo, il moletto della madonnina e il muraglione in darsena.
sono tornata a casa con le paste per il figliolo. ed il sorriso nel cuore. era passata solo un'ora da quando ero uscita. ma avevo ripercorso una cinquantina d'anni...

martedì 27 gennaio 2009

MIA NONNA...PER RICORDARE, PER NON DIMENTICARE...

Mia nonna non sopportava i tedeschi. Non sopportava sentirli parlare. Non sopportava i film di guerra dove si sentiva qualche parola tedesca parlata dai soldati. Lei aveva vissuto la guerra. Lei sapeva cosa era la guerra. Era una bambina durante la prima guerra mondiale, era una giovane donna con due bambini piccoli durante la seconda. Aveva conosciuto i soldati tedeschi e la paura. Una volta un gruppo di soldati l'aveva minacciata, e le aveva portato via per qualche ora mio zio. Il suo bambino più grande. Così, per farle uno scherzo. Perchè facevano anche questo. Un diversivo come un altro. Per loro. Non per mia nonna che temette il peggio. L'avevano minacciata di portare il bambino in un campo di concentramento se non avesse dato loro qualcosa da mangiare. E ridendo avevano preso il bimbo. Anche loro avevano fame, forse. Lassù per i boschi di castagni della montagna pistoiese. Mia nonna aveva portato loro qualche patata e un po' di farina di castagne. Cose preziose in quei momenti. Ma dette a loro tutto quello che poteva. Pur sapendo che così lei e i suoi figli sarebbero rimasti giorni senza mangiare. Magari i soldati non ne avevano davvero bisogno. O forse si. Magari loro stavano solo "giocando". Mia nonna no. E ancora dopo anni sentiva il suono di quelle parole in un italiano storpiato con spiccato accento tedesco...e quando raccontava ne imitava il suono. Mia nonna non fu felice quando mi fidanzai con un ragazzo tedesco. Ma era una donna intelligente e capiva che come noi italiani non siamo tutti mafiosi, i tedeschi di allora non erano tutti cattivi. Molti soldati erano poveri giovani costretti a fare cose che non avrebbero voluto fare. Mia nonna però raccontò l'episodio anche a Wolfgang, a voce alta. Come se il tono alto della voce potesse quello che la non conoscenza della lingua non poteva. Wolfgang non capiva l'italiano, se non qualche parola. Mia nonna non parlava il tedesco. E nemmeno avrebbe voluto impararlo. A mia nonna non piacevano i tedeschi. E continuavano a non piacerle. Anche se disse a Wolfgang di chiamarla nonna. A mia nonna, anticlericale, piaceva Papa Wojtyla. A mia nonna, sono sicura, non sarebbe piaciuto Papa Ratzinger. E non solo perchè era tedesco.
Non so cosa mi ha ispirato a scrivere queste cose...forse il fatto che in questi giorni mia nonna avrebbe compiuto 100 anni...forse perchè oggi è il giorno della memoria e basterebbe guardare gli occhi umidi di chi ha vissuto certe atrocità per non dimenticare...forse perchè papa Ratzinger non piace nemmeno a me e quando fa e dice certe cazzate piace ancora meno...