capita che qualcuno mi chieda perché mi sono appassionata al mare prima e al mondo del vino poi. entrambe le passioni vengono da lontano. addirittura il fascino che subivo da questi due mondi quando ero piccola mi è stato in parte raccontato perché ero così piccola che non lo ricordo. sembra che restassi in silenzio assorta e sorridente davanti al mare quando mia madre mi portava sulla spiaggia la mattina presto. in estate.o in bicicletta sul molo, in tutte le altre stagioni, appena il tempo le permetteva. perché l'aria salmastra, lo iodio e il sole facevano bene. guardavo quell'immensa distesa d'acqua, se il mare era calmo, e stavo bene. mi dava pace. guardavo le onde frangersi sulla riva o sugli scogli, se il mare era mosso, ed ero affascinata. guardavo le barche e sognavo. erano considerazioni che faceva mia madre interpretando le mie espressioni. ma visto che sono sensazioni che provo anche adesso... credo che non fosse lontana dal vero...
la zona di Viareggio dove vivevo all'epoca era periferia, quasi campagna. oggi è un quartiere come tutti gli altri. all'epoca, in fondo alla strada dove abitavo (e dove ancora oggi vivono i miei) c'era un passaggio a livello "morto" oltre il quale c'erano campi, una pioppeta e la casa di un contadino. prima del passaggio a livello c'era invece un casello dove abitava un ferroviere con sua moglie e una figlia di poco più grande di me. in uso, oltre al casello, aveva un paio di filari di vigna che correvano per qualche centinaio di metri lungo la ferrovia.
quando arrivava settembre, in un giorno che lui riteneva giusto e che ci comunicava per tempo e che noi aspettavamo con impazienza, il ferroviere chiamava tutti i ragazzini della strada e consegnandoci un paio di forbici ci portava "di là dalla ferrovia" con sua moglie e sua figlia e dopo averci fatto vedere dove tagliare dava inizio alla "vendemmia".
il giorno dopo ci metteva in fila su un muretto, ci lavava i piedi con la sistola * e ci faceva entrare in grossi contenitori dove iniziavamo a pigiare l'uva. la sensazione dell'uva che si spacca sotto i piedi, del solletico dei raspi, dei grappoli che diventano poltiglia... non la dimenticherò mai.
ci preparava anche la merenda. un po' di pane con l'olio, o con il pomodoro strusciato, o qualche fico colto dall'albero nell'orto.
dopo buttava "il pigiato" in una botte di legno che aveva in una stanza buia sul retro della casa. e ricordo, quando andavo a trovare sua figlia per chiaccherare un po' e passavo dal retro, attraversando quella stanza buia e fredda, secondo che mese era, l'odore del mosto il rumore del "ribollir dei tini". e il sapore aspro del vino pronto, qualche mese dopo, che mi faceva assaggiare (giusto bagnare le labbra). e l'orgoglio nel pensare che quel vino "l'avevo fatto anche io". non so se l'asprezza è solo nel mio ricordo o se davvero era il sapore di quel vino fatto in casa. so che quel lungo procedimento, dalla vigna al bicchiere, mi affascinava.
come mi affascinava la "cambusa" del ristorante di lusso dove lavorava mio padre come cameriere e dove, nel periodo che ci ha lavorato anche mia madre come governante, io e mio fratello abbiamo trascorso pomeriggi dopo la scuola. la cambusa era la cantina. ma il proprietario era appassionato di mare e parte dell'arredamento del ristorante, che si trovava sul molo, ricordava l'interno di una nave. il suo ufficio lo chiamava "cabina" ed era arredato come la cabina di una nave, e anche la finestra era un oblò. e la cantina era chiamata, appunto, cambusa.
mi piaceva seguire mio padre quando sistemava i vini sugli scaffali. mi piaceva guardare le etichette e immaginavo fossero bottiglie preziose, data la cura e l'attenzione che mio padre riservava loro. sicuramente all'interno ci doveva essere, pensavo, un vino buonissimo. ben diverso dal vino "del ferroviere".
narra la leggenda (perché questa è una delle cose che non ricordo ma che mio padre sostiene) che io in quel periodo, di tanto in tanto, dicessi che da grande volevo fare il sommelier. avevo circa 10 anni. bene. avevo fatto dei progressi visto che per un periodo, intorno ai 6 anni, alla domanda cosa farai da grande rispondevo "il benzinaio". forse perché mi piaceva l'odore della benzina. deve essere per questo che oggi amo il risling. (e questa la capiranno solo gli appassionati di enologia)
in quel lussuoso locale che oggi, cambiato il proprietario, a poco a poco dopo la vendita è diventato una trattoria (con tutto il rispetto per le trattorie ma se il vecchio proprietario ormai morto lo vedesse morirebbe per la seconda volta) non c'era un sommelier ma sapevo cosa era e cosa faceva un sommelier perché mio padre me lo aveva spiegato. e pare che proprio dopo la sua spiegazione abbia cominciato a immaginarmi a stappare, a degustare, a servire dei vini importanti.
a me il vino non piaceva. quella goccia di vino che a volte i vecchi mettevano nel bicchier d'acqua dei piccoli durante il pasto non mi piaceva. ma mi piaceva l'odore.
intorno ai 16 anni mia madre, mia nonna, mio padre... iniziarono a dirmi che dovevo bere almeno un dito di vino che sicuramente mi avrebbe alzato la pressione che avevo sempre bassa. e che, insieme alla "ciccia", mi avrebbe aiutato a combattere quella leggera anemia... perché si sa... il vino fa buon sangue, dicevano. ma a me il vino continuava a non piacermi. poi mia madre una volta comprò il lambrusco. lo sentì dolcino, leggermente frizzante, e mi sembrava una bibita. e allora un dito di lambrusco a pranzo e uno a cena ce la facevo a berli. per la gioia dei miei che mi vedevano (e lo ero) sempre verde... versione pallida e invernale di chi come me ha la pelle olivastra. che poco c'entra con la salute effettiva della persona. ma vallo a spiegare a mia nonna.
ho continuato ad amare il mare, come ben sa chi mi conosce. tanto da frequentare l'Istituto Tecnico Nautico, lavorare poi nel settore per venti anni dei quali tre trascorsi imbarcata come marinaio.
e ancora oggi, che faccio tutt'altro, lo amo. in estate facendo vita da spiaggia appena posso. e in tutte le altre stagioni correndo sul molo a respirare un po' d'aria salmastra, di iodio e a godermi un raggio di sole. che, si sa, fanno sempre bene.
ho continuato ad amare il mondo del vino, che nel frattempo ho cominciato a bere e ad apprezzare. prima da autodidatta, poi con un mini corso, poi diplomandomi sommelier. e continuo ad amarlo, dalla vigna al bicchiere. visitando cantine e partecipando a degustazioni. insegnando anche a chi, autodidatta come ero io all'inizio, ama il vino e vuole conoscerlo per apprezzarlo.
ovviamente adoro le prime due strofe della poesia "san martino" del Carducci...
La nebbia a gl'irti colli
piovigginando sale,
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mar;
ma per le vie del borgo
dal ribollir de' tini
va l'aspro odor de i vini
l'anime a rallegrar.
* sistola = termine toscano che indica un pezzo abbastanza lungo di tubo di gomma che, collegato ad una fontana (in toscana cannella), viene usato per annaffiare le piante
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