domenica 21 settembre 2014

L' ORIGINE DELLE PASSIONI

capita che qualcuno mi chieda perché mi sono appassionata al mare prima e al mondo del vino poi. entrambe le passioni vengono da lontano. addirittura il fascino che subivo da questi due mondi quando ero piccola mi è stato in parte raccontato perché ero così piccola che non lo ricordo. sembra che restassi in silenzio assorta e sorridente davanti al mare quando mia madre mi portava sulla spiaggia la mattina presto. in estate.o in bicicletta sul molo,  in tutte le altre stagioni, appena il tempo le permetteva. perché l'aria salmastra, lo iodio e il sole facevano bene. guardavo quell'immensa distesa d'acqua, se il mare era calmo, e stavo bene. mi dava pace. guardavo le onde frangersi sulla riva o sugli scogli, se il mare era mosso,  ed ero affascinata. guardavo le barche e sognavo. erano considerazioni che  faceva  mia madre interpretando le mie espressioni. ma visto che sono sensazioni che provo anche adesso... credo che non fosse lontana dal vero...

la zona di Viareggio dove vivevo all'epoca era periferia, quasi campagna. oggi è un quartiere come tutti gli altri. all'epoca, in fondo alla strada dove abitavo (e dove ancora oggi vivono i miei) c'era un passaggio a livello "morto" oltre il quale c'erano campi, una pioppeta e la casa di un contadino. prima del passaggio a livello c'era invece  un casello dove abitava un ferroviere con sua moglie e una figlia di poco più grande di me. in uso, oltre al casello, aveva un paio di filari di vigna che correvano per qualche centinaio di metri lungo la ferrovia.
quando arrivava settembre, in un giorno che lui riteneva giusto e che ci comunicava per tempo e che noi aspettavamo con impazienza, il ferroviere chiamava tutti i ragazzini della strada e consegnandoci un paio di forbici ci portava "di là dalla ferrovia" con sua moglie e sua figlia e dopo averci fatto vedere dove tagliare dava inizio alla "vendemmia".
il giorno dopo ci metteva in fila su un muretto, ci lavava i piedi con la sistola * e ci faceva entrare in grossi contenitori dove iniziavamo a pigiare l'uva. la sensazione dell'uva che si spacca sotto i piedi, del solletico dei raspi, dei grappoli che diventano poltiglia... non la dimenticherò mai.
ci preparava anche la merenda. un po' di pane con l'olio, o con il pomodoro strusciato, o qualche fico colto dall'albero nell'orto.
dopo buttava "il pigiato" in una botte di legno che aveva in una stanza buia sul retro della casa. e ricordo, quando andavo a trovare sua figlia per chiaccherare un po' e passavo dal retro, attraversando quella stanza buia e fredda,  secondo che mese era,  l'odore del mosto  il rumore del "ribollir dei tini". e il sapore aspro del vino pronto, qualche mese dopo, che mi faceva assaggiare (giusto bagnare le labbra). e l'orgoglio nel pensare che quel vino "l'avevo fatto anche io". non so se  l'asprezza è solo nel mio ricordo o se davvero era il sapore di quel vino fatto in casa. so che quel lungo procedimento, dalla vigna al bicchiere, mi affascinava.
come mi affascinava la "cambusa" del ristorante di lusso dove lavorava mio padre come cameriere e dove, nel periodo che ci ha lavorato anche mia madre come governante, io e mio fratello abbiamo trascorso pomeriggi dopo la scuola. la cambusa era la cantina. ma il proprietario era appassionato di mare e parte dell'arredamento  del ristorante, che si trovava sul molo, ricordava l'interno di una nave. il suo ufficio lo chiamava "cabina" ed era arredato come la cabina di una nave, e anche la finestra era un oblò. e la cantina era chiamata, appunto, cambusa.
mi piaceva seguire mio padre quando sistemava i vini sugli scaffali. mi piaceva guardare le etichette e immaginavo fossero bottiglie preziose, data la cura e l'attenzione che mio padre riservava loro. sicuramente all'interno ci doveva essere, pensavo, un vino buonissimo. ben diverso dal vino "del ferroviere".
narra la leggenda (perché questa è una delle cose che non ricordo ma che mio padre sostiene) che io in quel periodo, di tanto in tanto, dicessi che da grande volevo fare il sommelier. avevo circa 10 anni. bene. avevo fatto dei progressi visto che per un periodo, intorno ai 6 anni,  alla domanda cosa farai da grande rispondevo "il benzinaio". forse perché mi piaceva l'odore della benzina. deve essere per questo che oggi amo il risling. (e questa la capiranno solo gli appassionati di enologia)
in quel lussuoso locale che oggi, cambiato il proprietario, a poco a poco dopo la vendita è diventato una trattoria (con tutto il rispetto per le trattorie ma se il vecchio proprietario ormai morto lo vedesse morirebbe per la seconda volta) non c'era un sommelier ma sapevo cosa era e cosa faceva un sommelier perché mio padre me lo aveva spiegato. e pare che proprio dopo la sua spiegazione abbia cominciato a immaginarmi a stappare, a degustare, a servire dei vini importanti.
a me il vino non piaceva. quella goccia di vino che a volte i vecchi mettevano nel bicchier d'acqua dei piccoli durante il pasto non mi piaceva. ma mi piaceva l'odore.
intorno ai 16 anni mia madre, mia nonna, mio padre... iniziarono a dirmi che dovevo bere almeno un dito di vino che sicuramente mi avrebbe alzato la pressione che avevo sempre bassa. e che, insieme alla "ciccia", mi avrebbe aiutato a combattere quella leggera anemia... perché si sa... il vino fa buon sangue, dicevano. ma a me il vino continuava a non piacermi. poi mia madre una volta comprò il lambrusco. lo sentì dolcino, leggermente frizzante, e mi sembrava una bibita. e allora un dito di lambrusco a pranzo e uno a cena ce la facevo a berli. per la gioia dei miei che mi vedevano (e lo ero) sempre verde... versione pallida e invernale di chi come me ha la pelle olivastra. che poco c'entra con la salute effettiva della persona. ma vallo a spiegare a mia nonna.

ho continuato ad amare il mare, come ben sa chi mi conosce. tanto da frequentare l'Istituto Tecnico Nautico, lavorare poi nel settore per venti anni  dei quali tre trascorsi imbarcata come marinaio.
e ancora oggi, che faccio tutt'altro, lo amo. in estate facendo vita da spiaggia appena posso. e in tutte le altre stagioni correndo sul molo a respirare un po' d'aria salmastra, di iodio e a godermi un raggio di sole. che, si sa, fanno sempre bene.
ho continuato ad amare il mondo del vino, che nel frattempo ho cominciato a bere e ad apprezzare. prima da autodidatta, poi con un mini corso, poi diplomandomi sommelier. e continuo ad amarlo, dalla vigna al bicchiere. visitando cantine e partecipando a degustazioni. insegnando anche a chi, autodidatta come ero io all'inizio, ama il vino e vuole conoscerlo per apprezzarlo.
ovviamente adoro  le prime due strofe della  poesia "san martino" del Carducci...

La nebbia a gl'irti colli 
piovigginando sale, 
e sotto il maestrale 
urla e biancheggia il mar; 

ma per le vie del borgo 
dal ribollir de' tini 
va l'aspro odor de i vini 
l'anime a rallegrar.
 


* sistola = termine toscano che indica un pezzo abbastanza lungo di tubo di gomma che, collegato ad una fontana (in toscana cannella), viene  usato per annaffiare le piante

domenica 14 settembre 2014

LA STESSA STRADA

ieri ho percorso  una parte della strada che ho fatto per anni, tutti i giorni, giorno dopo giorno, mese dopo mese. è la strada che mi portava a lavoro. a Seravezza, dove si trova la scuola che era mia sede di servizio. qualche volta però, quando la sede di Seravezza era chiusa, dovevo andare a Forte dei Marmi, dove si trova la scuola che era sede centrale. una strada percorsa con diverse condizioni meteo fuori dal finestrino, attraversando ogni stagione. una strada percorsa con diversi pensieri nella testa, organizzando mentalmente la giornata cercando di rendere "produttivi" quei quaranta  minuti di guida. una strada percorsa con diversi stati d'animo nella pancia, mai positivi. andando in un posto che non mi piaceva, a fare un lavoro che non mi piaceva. circondata da molte persone, alcune delle quali non mi piacevano.
ieri dovevo andare al Forte. e non per lavoro. una amica aveva organizzato la presentazione di un libro di poesie. e mentre viaggiavo ripensavo a tante cose. e mi sentivo finalmente lontana dal periodo più brutto della mia vita lavorativa.
la serata è stata piacevolissima. belle poesie, scritte a quattro mani da un uomo e una donna che si sono conosciuti su facebook e coltivando la stessa passione per la scrittura e per la poesia hanno iniziato ad inviarsi versi e poi ad aggiungere versi propri ai versi dell'altro. si sono accorti che venivano fuori vere e proprie poesie dove non si capiva più chi aveva scritto cosa. ed hanno avuto l'idea di raccogliere gli scritti e farne un libro.
interessante la conoscenza con gli autori e con alcune persone venute dal nord  per assistere alla presentazione di questo libro e per conoscere gli  autori che invece vengono dal  sud (campano lui e siciliana lei) che avevano conosciuto su facebook e dei quali leggevano ed apprezzavano  gli scritti senza mai averli incontrati nella vita reale.
le ore sono scivolate via tra un verso ed una riflessione, tra un aperitivo e due chiacchere, tra uno stuzzichino e una risata. il tutto allietato pure dalle note di un sassofono.
tornando a casa, arriccchita di nuove conoscenze, sono passata davanti a quella scuola che per me resterà sempre "il salotto buono del diavolo", come la definivo quando chiamavo invece la mia sede di servizio "casa del diavolo". ho sorriso. un periodo ormai chiuso. definitivamente. una tempesta che ho affrontato e superato. dalla quale sono uscita un po' acciaccata ma ancora più forte. ed ho continuato, serenamente, la strada. verso casa.
e sto continuando, serenamente, la strada.
della vita.

martedì 9 settembre 2014

STAGIONI ASTRONOMICHE, METEOROLOGICHE, DEL CUORE E DELL'ANIMA.

quest'anno l'estate praticamente non c'è stata. almeno  meteorologicamente parlando. ma niente, nemmeno il maltempo,  ha potuto impedire che lo fosse astronomicamente (e menomale). e quindi le giornate erano lunghe, come ogni estate. anche se è proprio da momento che scatta l'estate astronomica, e cioè al solstizio d'estate (20 o 21 giugno, dipende dall'anno) che le giornate iniziano ad accorciare di nuovo. se pure  in maniera impercettibile. ma le ore di luce in estate sono sufficienti a farci far colazione col sole e cenare col sole. e la luce, si sa, è vita. e quei pochi minuti di luce in meno la mattina e quei pochi minuti di luce in meno la sera non cambiano la sensazione d'estate. e non sono sufficienti a farci pensare che piano piano ci avviamo all'autunno. sempre astronomicamente parlando. e nell'aria c'è  profumo d'estate. e c'era anche quest'anno. anche quando pioveva. anche quando era quasi freddo. c'era comunque profumo d'estate. adesso l'accorciarsi sempre più evidente delle giornate è percettibilissimo. si cena che è già buio, ogni sera un po' di più. e quando suona la sveglia è sempre buio. e il sole ogni mattina sorge un po' più tardi. e nell'aria c'è profumo di autunno.
oggi sono triste. e l'astronomia e la meteorologia c'entrano poco. ho un po' freddo dentro l'anima. e qualche foglia ingiallita  è caduta nel mio cuore. per fortuna ho cieli azzurri almeno nella mente. che fanno pendant con gli occhi di mio figlio. mio figlio che è il raggio di sole che riesce sempre a scaldarmi.
affronterò anche questo inverno.
e tornerà l'estate.
in tutti i sensi.
panta rei.

domenica 7 settembre 2014

IN RADA E IN NAVIGAZIONE. NEL MARE E NELLA VITA.

ieri mattina, pochi minuti dopo le 7. mentre sto per uscire dalla doccia sento il suono di notifica dell'arrivo di un messaggio. indosso un accappatoio e mentre mi asciugo penso chi possa essere mattiniero come me. è sabato mattina e io devo andare a lavorare ma nessuno tra i miei amici lavora il sabato. mio fratello a volte si. penso sia lui e mi preoccupo anche un po'. vive con i miei genitori i quali,  anche se ancora in gamba, sono pur sempre anziani e con qualche acciacco dell'età. controllo il telefono. leggo il nome del mittente. è un amico. ma il messaggio non contiene parole. solo una immagine. la apro. so che è in Corsica. in barca a vela. ci accomunano molte cose tra le quali la passione per il mare. che lui riesce a coltivare molto più di me. e spesso mi rende partecipe di qualche suo bel momento "di mare" inviandomi belle immagini. come questa. è la foto dell'alba. in rada. stare in rada significa, per chi non è "avvezzo" al mare ed è  poco pratico di termini marinareschi, dar fondo all'ancora sotto costa, in un punto riparato dal mare e dal vento, invece di entrare ed ormeggiare  in porto. ed ha un fascino particolare.
rispondo al mio amico  ringraziandolo e dicendo che le albe e i tramonti sono tra le cose che più mi mancano del mio "navigare". soprattutto quelli delle notti passate in rada. mi risponde che il senso de messaggio era proprio quello. condividere uno dei momenti che lui adora e che immaginava, conoscendomi,  amassi anche io. inizio a prepararmi per il lavoro e vestendomi ripenso a quando navigavo. mi sembra siano passati cento anni. mi sembra di averlo fatto in un'altra vita. mentre invece l'ultimo imbarco risale "solo" a diciassette anni fa. certo non pochi. ma niente in confronto all'eternità. una frase fatta, ma così è. l'eternità poi  è uno di quei concetti astratti, come immenso, infinito... che in mare prendono forma. come prendono forma alcune sensazioni  solitamente non descrivibili. serenità. pace. ma anche irrequietezza. e perché no, paura.
ripenso alle mie notti in navigazione e a quelle in rada. con le albe e i tramonti dai colori indescrivibili che nemmeno le belle foto riescono a riprodurre. al sole che nasce e scompare sempre dal mare e nel mare. sempre in un punto diverso. ma solo rispetto a chi lo guarda. perché, si sa, lui sorge sempre ad est e tramonta sempre  ad ovest. ripenso anche alle notti in porto. al tintinnare delle drizze e delle sartie delle barche a vela ormeggiate vicino a noi. perché ero marinaio su una barca a motore. e quindi quella musica tintinnante potevo goderla solo se c'era vicino qualche barca a vela. e se c'era un po' di vento. io dovevo accontentarmi di un altro "suono". anzi due. che pure adoro. uno è lo "sciabordìo" dell'acqua che batte leggermente sullo scafo dondolato da un po' di risacca. e l'altro è il "cigolìo"  dei cavi di ormeggio, ora tesi ora laschi, al ritmo della risacca. tanto più percettibile quanto più l'oblò della cabina è vicino ad uno dei cavi. e penso pure alle albe ed ai tramonti in porto. il sole che scompare dietro ad un promontorio. e risorge dal mare. o che si tuffa nel mare dopo aver attraversato con i suoi raggi rossi una foresta di alberi di legno e di acciaio. o che fa capolino da dietro un gruppo di case arroccate su una collina che si tuffa nel mare. cartoline di vita sempre diverse. mille espressioni di uno stesso fenomeno. sempre diverso e sempre uguale.
a volte il mio amico mi invia anche brevi filmati. di lui al timone che recita, con la voce attraversata dal rumore del vento,  termini e numeri che solo un appassionato di mare può decifrare. sono i dati di navigazione. rotta. vento. mare. vele. manovre.
allora ripenso ai miei anni di scuola. quando studiando navigazione, astronomia, meteorologia ed oceanografia immaginavo un giorno di solcare i mari, di approdare in terre lontane, di attraversare le tempeste e di assaporare le calme. in realtà poi l'ho fatto solo per pochi anni. realmente. ma continuo a farlo ogni giorno. con la fantasia, continuando ad immaginare traversate oceaniche e navigazioni costiere. nel ricordo, continuando a ripensare a notti trascorse nel silenzio della rada o in porto tra il tintinnìo delle manovre e il cigolìo delle cime. nella realtà, continuando a navigare nel mare della vita. superando tempeste ed approdando, di tanto in tanto, in qualche porto sicuro.